Politica estera

Abu Mazen caccia 12 governatori su 16. "Lotta di potere intestina con Hamas"

Il leader dell'Anp azzera i vertici. L'ex generale dell'intelligence israeliana Kuperwasser: "Un nido di vipere, lui vuole il comando"

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Repulisti in casa palestinese. Con un decreto presidenziale a sorpresa e senza dare spiegazioni, Mahmud Abbas, alias Abu Mazen, presidente dell'Autorità nazionale palestinese, ha rimosso 12 su 16 governatori locali. Tra loro ne figurano 4 che amministravano formalmente parte della Striscia di Gaza: dalla città di Gaza a Gaza-Nord, da Khan Yunes a Rafah e altri 8 all'opera in Cisgiordania, a Jenin, Nablus, Qalqilya, Tulkarem, Betlemme, Hebron, Tubas e Gerico. Quasi un azzeramento dei vertici locali, anche se i governatori nella Striscia di Gaza si erano già ridotti a ruoli simbolici, praticamente privi di autorità, dopo che l'Anp, guidata dal «partito» Al Fatah, è stata cacciata nel 2007 da Hamas, che da allora la governa.

Con l'annuncio delle teste saltate, Abu Mazen, al potere da oltre trent'anni prima nell'Olp e poi nell'Anp, ha anche avviato la nuova fase, ordinando la costituzione di un «Comitato presidenziale» incaricato di esaminare i nuovi candidati. L'Autorità nazionale palestinese è sull'orlo del collasso finanziario e sta perdendo il controllo della sicurezza in alcune aree, dove cresce il malcontento per la sua gestione. Serve dunque un ricambio ai vertici. Che si inserisce proprio nello scontro con il gruppo rivale Hamas. Lo spiega bene al Giornale il generale israeliano Yossi Kuperwasser, ex capo della divisione ricerca dell'intelligence militare dell'Idf, la Forza di difesa israeliana. «Abu Mazen si è accorto che non controllava più i suoi incaricati - spiega il generale, ex Direttore del Ministero degli affari strategici israeliano - È una mossa con cui l'anziano leader vuole riaffermare il suo potere». Di Abu Mazen Kuperwasser è convinto che «non si dà per vinto». «La lotta intestina con Hamas - aggiunge il generale - sta scappando di mano al leader dell'Autorità nazionale palestinese. Non che Abu Mazen sia contrario al terrorismo diffuso nelle province palestinesi, ma in questi nidi di vipere, lui vuole essere il serpente capo».

A luglio, i leader palestinesi rivali, Abu Mazen da una parte e Ismail Haniyeh di Hamas dall'altra, hanno tentato in Egitto una riconciliazione per mettere fine a 17 anni di fratture, ma senza risultati sostanziali.

La manovra palestinese, una lotta di potere interna al mondo palestinese, si inserisce in un contesto più ampio e arriva dopo che indiscrezioni del Wall Street Journal hanno preannunciato importanti progressi verso un accordo tra Stati Uniti e Arabia Saudita perché Riad riconosca Israele in cambio di concessioni ai palestinesi. Una possibile intesa che secondo il ministro degli Esteri israeliano Ely Cohen è solo «una questione di tempo», ma che avvicina la pace tra i due Paesi, ormai «a portata di mano». Il portavoce per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca ha spiegato che ci sono «discussioni in corso» ma c'è «ancora molto da fare prima di arrivare a un quadro completo per la normalizzazione dei rapporti tra Arabia Saudita e Israele».

L'intesa, secondo il Wsj, dovrebbe chiudersi entro il prossimo anno e sarebbe «il più importante accordo di pace in Medio Oriente in una generazione». Nonostante le continue tensioni, il ministro Cohen ne è convinto: La «questione palestinese» «non sarà un ostacolo» alla normalizzazione delle relazioni tra Israele e Arabia Saudita.

L'adesione di Riad agli Accordi di Abramo - già sottoscritti da diversi Paesi musulmani per la normalizzazione dei rapporti con Israele - farà la storia».

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