
Sull'Albania la sinistra rosica per colpa di giudici e socialisti. Sulla piena applicazione del Protocollo Albania e alla vigilia del voto di fiducia sull'omonimo decreto alla Camera incombe un doppio paradosso: da Tirana, con la trionfale affermazione del partito di Edi Rama e da Roma dopo il siluro arrivato dalla Cassazione che ha vanificato tutta la giurisprudenza ideologica sul diritto d'asilo, confermando per tabulas che il Cpr nell'hotspot di Gjader è in linea con il diritto comunitario e che i clandestini che provano strumentalmente a chiedere il diritto d'asilo per evitare l'espulsione possono tranquillamente restare reclusi in Albania.
La prova è arrivata ieri, quando nel Centro per il rimpatrio creato dentro l'hotspot dell'ex base militare albanese grazie all'intesa tra Rama e il premier da Brindisi sono arrivati altri 28 clandestini, destinati a essere rimpatriati. A Gjader, secondo fonti del Viminale, in questo momento ci sarebbero 43 stranieri. Altri 16 sono stati già rimpatriati nei Paesi di origine: cinque sono stati dimessi per motivi di salute e riportati quindi in Italia. Ma solo loro, dopo che la Cassazione con la sentenza 17510/25 su un migrante entrato clandestinamente in Italia a Lampedusa ha smentito la Corte d'Appello di Roma, sostenendo che il trattenimento nel Cpr del migrante espulso dal questore e quello del richiedente asilo previsto dal Testo unico sono due condizioni sovrapponibili ed «espiabili» anche in Albania. Merito del decreto 37 dello scorso 31 marzo che ha modificato l'articolo 3, comma 2 della legge 14 del 2024 (il Testo unico sull'immigrazione) e i compiti del Cpr albanese.
Quanto alla funzione «originaria» dell'hotspot di Gjader, vale a dire quella di identificazione dei migranti maschi, maggiorenni e in buona salute provenienti da Paesi considerati «sicuri» e salvati nel Mediterraneo dalle nostre navi militari, bisognerà attendere il pronunciamento della Corte di Giustizia Ue. Che con ogni probabilità darà ragione all'Italia sulla procedura di rimpatrio accelerata, atteso che anche la Ue sta preparando una lista di Paesi «sicuri» (compresi Bangladesh ed Egitto, bocciati invece dai giudici) dai quali non accetterà o quasi richiedenti asilo. C'è anche attesa per il verdetto della Cassazione sul decreto del Viminale che ha rivisto l'attività di soccorso delle navi delle Ong in mare: un testo su cui si addensano dubbi di costituzionalità rispetto al diritto internazionale che impone il salvataggio in mare e la tutela della vita.
L'attesa vittoria di Rama consoliderà l'intesa con la Meloni anziché comprometterla, come sperava l'opposizione, costretta a tifare per il suo avversario di destra Sali Berisha, vittima di una reputazione da filorusso e di una diaspora che ne ha fiaccato le ambizioni. Il premier albanese vince in dieci regioni su 12 e raccoglie un bottino di risultati impressionante: un Pil raddoppiato in 10 anni, un ruolo da pacificatore nei Balcani che ha stabilizzato un'area spaventata dalle possibili mosse di Vladimir Putin, l'accelerazione impressionante sulle riforme e sul processo di adesione alla Ue che potrebbe essere anche anticipato rispetto al 2030 («È più avanti degli altri», ammette il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa), una reputazione alla quale ha ovviamente contribuito l'Italia - con il Giro partito dalle sponde del Paese adriatico - e un modello di hotspot extra Ue per identificazione e rimpatri da esportare altrove (si parla del Kosovo) per quanto piace a mezza Europa.
Tanto che il summit europeo della settimana prossima diventerà l'ennesima vetrina per Tirana e per lo stesso premier, che ha anche «ripulito» il suo partito dalla Tangentopoli albanese, cambiando l'80% degli eletti in Parlamento.
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