In lizza per la poltrona di ministro della Giustizia ci sono un ex magistrato e un avvocato. Ovviamente voi avvocati preferireste un collega.
«In realtà no - spiega Valentina Alberta, avvocato, vicepresidente della Camera Penale di Milano - almeno se i nomi sono quelli che circolano. Giulia Bongiorno è una valente collega ma le sue posizioni sono lontane anni luce dalle indicazioni della stragrande maggioranza della categoria. Una visione da pugno duro della giustizia e in particolare del diritto penale, all'insegna dello slogan buttiamo via la chiave", è una risposta fuori dal tempo alle esigenze di sicurezza che la società esprime. Le strade sono ben altre. Paradossalmente Carlo Nordio, che ha sempre fatto il magistrato dell'accusa, ha posizioni molto più vicine ai valori di un sistema penale liberale ispirato ai principi del garantismo. Non a caso ha appoggiato alcuni dei quesiti referendari dell'ultima tornata».
Chiunque sia il nuovo ministro, lei cosa si aspetta da lui (o da lei)?
«Che dia un colpo d'ala alle riforme che attendiamo da tempo, e che l'attuale ministro ha portato avanti con eccessiva timidezza. Penso soprattutto alla riforma dell'ordinamento giudiziario, per la quale il Parlamento ha approvato una legge delega che il governo non ha tradotto in pratica. Il nuovo ministro potrà usare quella delega non certo come atto di forza nei confronti della magistratura, non è questo che desidero, ma come strumento di riforme incisive, in grado di modificare in sostanza il quadro emerso con lo scandalo Palamara».
Tra queste c'è anche la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri?
«Certo».
Però servirebbe una modifica della Costituzione.
«Dal nuovo ministro mi aspetto che abbia la volontà di affrontare anche questo passaggio».
E poi?
«Che valorizzi il ruolo della difesa, che rafforzi le garanzie per gli imputati. La riforma Cartabia è stata una riforma al ribasso che ha tenuto conto solo in minima parte delle richieste dell'avvocatura, d'altronde ricordiamoci che si è mossa nel solco della riforma del ministro precedente, Alfonso Bonafede. Il risultato è stata una riduzione delle garanzie in nome di un preteso efficientismo, che non ha affrontato i nodi reali della situazione spaventosa in cui versa la giustizia. Non è certo colpa delle garanzie per la difesa se a Milano le udienze a citazione diretta sono ridotte di un terzo perché la Procura non riesce a fare le notifiche».
Non salva proprio niente della riforma Cartabia?
«Un punto
positivo c'è: la possibilità per il giudice di comminare sanzioni diverse dal carcere. É una misura tacciata di buonismo e che è invece l'unica strada per ridurre la recidiva. Al nuovo ministro chiedo di non tornare indietro».
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