Almasri arrestato in Libia. La faida interna di Tripoli

Il generale era inviso al governo del Paese, sull'orlo della guerra civile dopo gli scontri tra le diverse tribù

Almasri arrestato in Libia. La faida interna di Tripoli
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La Libia si libera del criminale di guerra Osama Almasri, scarcerato per errore della magistratura italiana (che ora corre ai ripari alla Consulta) e lo consegna alla Corte penale internazionale. Una mossa che serve più a Tripoli che all'Aja, visto che - come aveva anticipato il Giornale lo scorso 16 maggio - il generale era scomodo per il fragile governo libico, tanto che lo spietato esercito Rada dell'ex direttore del carcere di Mittiga e Tripoli è stato sciolto.

A metà giornata arriva via Facebook la notizia che la Procura generale della Libia ha in custodia cautelare Almasri, convinta dall'Aja che nelle carceri dirette da lui almeno una decina di detenuti avrebbero "subito torture, violenze sessuali, persecuzioni e trattamenti crudeli e umilianti". Dopo un interrogatorio condotto pare dal Pg libico Siddiq al Sour, la Procura lo ha rinviato a giudizio e trattenuto in custodia cautelare, in attesa di formalizzare l'eventuale consegna all'Aja.

Come sappiamo, nella notte tra sabato 18 e domenica 19 gennaio di quest'anno Almasri era stato arrestato dalla Digos a Torino, dopo aver assistito a Juve-Milan al Delle Alpi, e portato al carcere delle Vallette in esecuzione di un mandato d'arresto internazionale scattato proprio mentre era in Italia dopo aver girovagato per giorni in Gran Bretagna, Francia, Germania e Olanda. La Corte d'appello di Roma e il Pg avevano ipotizzato un arresto "irrituale" perché non concordato con il Guardasigilli Carlo Nordio. Un errore procedurale nell'interpretazione della legge 237 del 2012, norma che non lascia margini di discrezionalità alla magistratura e che dà potere al ministero della Giustizia sono sulla consegna, il sottosegretario Alfredo Mantovano ed i ministri di Giustizia e Interno Carlo Nordio e Matteo Piantedosi assieme al premier Giorgia Meloni erano finiti nel registro degli indagati per favoreggiamento e peculato dopo il rimpatrio del generale libico sul Falcon dei Servizi segreti, a cui il Parlamento non ha dato seguito.

Dopo il pasticcio Almasri i rapporti Italia-Cpi sono in bilico. "Nei giorni scorsi la Corte d'appello di Roma sembra (non ho letto l'ordinanza) avere investito la Corte Costituzionale dell'interpretazione della legge", sottolinea al Giornale l'ex numero due dell'Aja Cuno Tarfusser. Anche il ministero della Giustizia ha mandato una nota alla Corte evitare future incomprensioni. "Si tratta di due disperati tentativi per evitare che la Cpi, accertata la violazione degli obblighi imposti dallo Statuto di Roma, trasmetta questa decisione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite mettendo l'Italia alla berlina in ambito internazionale", aggiunge il magistrato a riposo, secondo cui "è indubbia la perdita di credibilità".

L'arresto di ieri è anche merito dell'Italia. Anziché opporre il segreto di Stato sulla vicenda, nel corso di questi mesi è emerso che fosse "interesse nazionale" espellerlo in Libia (non a Londra, dove Almasri avrebbe voluto tornare) perché trattenerlo avrebbe potuto esporre a ritorsioni i circa 500 italiani presenti sul territorio libico, le ambasciate, i consolati e l'operatività del gasdotto Greenstream di Eni e che unisce la Libia alla Sicilia. Le autorità di Tripoli avevano minacciato di arrestare italiani per ritorsione.

Nel mirino dell'Aja non c'è solo Almasri, ma almeno una cinquantina di uomini chiave nel risiko dei due leader che si stanno contendendo il controllo del Paese, il premier di Tripoli Abdulhamid Dabaiba e il generale della Cirenaica Khalifa Haftar, che conoscono i segreti delle due fazioni in guerra e che possono sovvertirne gli equilibri.

Qualche settimana dopo il ritorno di Almasri la Libia sembrava sul punto di esplodere dopo l'uccisione del potente capo dell'Apparato di supporto e stabilità, Abdul Ghani al-Kikli (tanto che un centinaio di italiani erano stati rimpatriati) e la fiammata migratoria partita dai porti una volta controllati dal governo di Tripoli erano il segnale che le milizie della Rada guidata da Almasri erano in conflitto con Dabaiba, tanto l'esercito venne ufficialmente sciolto. Persino alcune tribù di Tripoli sembravano voler passare con Haftar, protetto da Russia e Turchia e inviso alla Ue. L'arresto di ieri potrebbe non essere l'ultimo.

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