Piange il telefono. Una nuova telefonata tra Boris Johnson e Ursula von der Leyen non spezza l'impasse che impedisce di chiudere l'intesa post-Brexit. Il premier britannico e la presidente della Commissione Ue hanno discusso per oltre 90 minuti per poi diffondere una dichiarazione congiunta in cui hanno affermato che «le condizioni per concludere non sussistono a causa delle restanti differenze significative su tre questioni: parità di condizioni, governance e pesca». Si terrà una «riunione fisica a Bruxelles nei prossimi giorni», non tra i negoziatori ma direttamente tra i due leader. Mentre si avvicina sempre di più la scadenza del 31 dicembre, quando avrà fine la transizione, e nonostante i negoziati a oltranza, i progressi sembrano non arrivare. Ore prima della telefonata, il capo negoziatore europeo Michel Barnier aveva parlato con gli ambasciatori dei 27 Stati membri dell'Ue, sottolineando che i colloqui avrebbero dovuto chiudersi entro domani. Giovedì prenderà il via il vertice europeo. Se un accordo commerciale non fosse raggiunto, sarebbero a rischio centinaia di migliaia di posti di lavoro, ostacolati i commerci attraverso la Manica. Mentre il Regno Unito è uscito dall'Ue lo scorso 31 gennaio, rimane all'interno del mercato unico senza dazi e dell'unione doganale fino al 31 dicembre. Un accordo garantirebbe l'assenza di dazi e quote commerciali sui beni esportati o importati dalle due parti, anche se resterebbero costi tecnici, in parte legati a controlli doganali e barriere non tariffarie sui servizi.
Se lo stallo resta, Londra ha però fatto un passo verso Bruxelles. Ha proposto di eliminare una controversa sezione dell'Internal market bill, che violerebbe la legge internazionale prevedendo che il Regno Unito possa riscrivere in modo unilaterale parti dell'accordo di ritiro.
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