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Amato molla la poltrona ma rimane in trincea. "Mi semplifico la vita, loro ci perdono. Peccato"

L'ex premier lascia la commissione sull'Intelligenza artificiale: al suo posto arriva padre Benanti

Amato molla la poltrona ma rimane in trincea. "Mi semplifico la vita, loro ci perdono. Peccato"

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Amato molla la poltrona ma rimane in trincea. "Mi semplifico la vita, loro ci perdono. Peccato"

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C'eravamo tanto Amato. Il Dottor Sottile lascia la commissione su Intelligenza artificiale e informazione dopo che il premier Giorgia Meloni lo aveva additato in conferenza stampa come l'uomo simbolo della sinistra che occupa il potere e invoca la deriva autoritaria se il centrodestra eletto attua democraticamente lo spoil system, vedi le prossime nomine alla Corte costituzionale di cui Amato ha fatto parte dal 2013 al 2022. «È una Commissione della presidenza del Consiglio e, visto che la mia nomina non risulta essere un'iniziativa della presidente del Consiglio, lascio senz'altro l'incarico», sibilava ieri Amato al Corriere della Sera. «Peccato, ci perdono qualcosa... Ma a me semplificherà la vita».

Al suo posto arriva Padre Paolo Benanti (nel tondo), professore della Pontificia Università Gregoriana e unico italiano membro del Comitato sull'intelligenza artificiale delle Nazioni Unite. L'annuncio arriva dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all'Informazione e all'editoria, Paolo Barachini: «In questi mesi di lavoro ho potuto conoscere la sua competenza e il suo equilibrio. Per questo sono onorato che abbia accettato l'incarico». Benanti, 51 anni, presbitero e teologo francescano, è consigliere di Papa Francesco sui temi dell'intelligenza artificiale e dell'etica della tecnologia. «Andiamo avanti con rinnovata determinazione nel lavoro intrapreso», fa sapere Barachini, che archivia Amato con poche parole di circostanza: «Informazione settore cruciale, è necessario indagare sull'impatto dell'intelligenza artificiale, delineando perimetri etici e possibili sinergie a tutela dell'occupazione e del diritto d'autore». Una prima relazione dovrebbe arrivare sulla scrivania della Meloni già martedì.

La pietra dello scandalo è l'intervista che Amato qualche giorno fa aveva dato sulla prossima infornata di nomine alla Consulta e il conseguente rischio di una fantomatica deriva per «la non abitudine alla democrazia» di questa destra: «Io non ho assolutamente parlato dell'elezione dei giudici della Corte, ho parlato dell'accoglienza delle decisioni della Corte, chiunque l'abbia eletta, e ad oggi in Italia non è mai stata la presidente del Consiglio a porre questa questione». In realtà non è così e Amato lo sa benissimo: «Per questa destra populista è un nemico anche la Corte Costituzionale, fa fatica a riconoscersi in alcune interpretazioni evolutive, quelle che garantiscono i nuovi diritti, espressione e garanzia di quelle minoranze che turbano il loro ordine e i loro valori», aveva detto l'ex braccio destro di Bettino Craxi risparmiato da Tangentopoli, agitando lo spettro di Polonia e Ungheria, sostenendo che «le democrazie possono finire senza tanto clamore, un governo che arriva a fermare una sentenza della Corte Costituzionale si sente abbastanza forte», come è avvenuto in Polonia. Una stoccata netta alle riforme della Meloni, il premierato su tutte, considerata «una vera frode per gli elettori». Non un'autocritica su certe decisioni della Consulta che, a detta di un ex consigliere come Nicolò Zanon, sul caso di Cosimo Ferri intercettato da non indagato «ha calpestato la Carta per delle pressioni dall'alto, pur di non ostacolare la Cassazione e il Csm».

Basterebbe un po' di intelligenza reale, che ad Amato in teoria non mancherebbe.

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