Andati in scena i vizi della sinistra

Tredici interminabili minuti di puro delirio. Tutto in diretta sulla tv di Stato e quindi tutto gentilmente offerto dai contribuenti

Andati in scena i vizi della sinistra

Tredici interminabili minuti di puro delirio. Tutto in diretta sulla tv di Stato e quindi tutto gentilmente offerto dai contribuenti. A sei giorni dal voto Marco Damilano, ex direttore dell'Espresso prontamente arruolato da viale Mazzini con un lauto stipendio, ha pensato bene di ospitare nella sua striscia quotidiana il filosofo francese Bernard-Henry Lèvy, più noto per la chioma grigia artatamente scarmigliata che per la materia (del medesimo colore) sottostante e, da ieri, celebre anche per essere riuscito a infilare un numero enciclopedico di idiozie e insulti in un arco temporale così breve. Ah, un dettaglio non da poco: tutto questo negli ultimi, delicatissimi, giorni di campagna elettorale.

Per il sofisticato intellettuale Salvini è «patetico» e «ridicolo», ma soprattutto è un traditore della patria che tresca con Putin. Ovviamente tutto sostenuto senza lo straccio di una prova e senza un contraddittorio, anzi con l'opera di vassallaggio del conduttore. Ne ha per tutto il centrodestra: la Meloni - dice lui - non la conosce, ma per sicurezza la insulta comunque; Berlusconi è una sua vecchia ossessione e non perde certamente questa occasione per attaccarlo. Ma soprattutto se la prende con quell'aggeggio fastidioso e plebeo che si chiama democrazia. L'intellettuale - più bilioso e stizzito del solito - lo dice chiaramente: l'elettorato non va sempre rispettato. O meglio, va rispettato solo quando rispetta le regole: cioè svolta a sinistra. Altrimenti merita lo sdegno altezzoso di Levy che, per infiocchettare il delirio, ricorda come Mussolini, Hitler e Putin abbiano vinto le elezioni. Il paragone è talmente folle che il conduttore chiede coraggiosamente «il permesso di dissentire almeno sul suffragio universale». Eh, almeno su quello...

Però, tutto sommato, dobbiamo ringraziare Bhl (lui ama farsi chiamare così). La puntata di lunedì del «Cavallo e la torre» è stata un formidabile affresco dei vizi della sinistra più insopportabile e radical chic: snobismo, superficialità di analisi, disprezzo del popolo e della democrazia, odio antropologico nei confronti di tutto quello che gravita al di fuori del salotto della propria abitazione. Un mix, talmente esplosivo, di fronte al quale la piccineria del giornalista che non vede l'ora di far sputtanare l'Italia dal filosofo straniero diventa un peccato veniale.

Il problema è che queste pagliacciate le paghiamo noi, cornuti e mazziati, che versiamo il canone per farci insultare. E, per favore, non parlate mai più di par condicio: ieri la Rai la ha fatta esplodere definitivamente.

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