Politica estera

Il Belgio incendia il fronte europeo. "Ora boicottaggio contro Israele"

La ministra Gennez propone di mettere al bando i prodotti di Tel Aviv

Il Belgio incendia il fronte europeo. "Ora boicottaggio contro Israele"

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Finché erano l'Iran e il leader del Partito di Dio libanese Nasrallah a chiedere il boicottaggio globale di Israele era un film già visto. Ma a riprova del fatto che la crisi provocata da Hamas a Gaza gioca una sua partita pure in Europa (e che certi inviti a isolare Tel Aviv rischiano di attecchire non solo nell'opinione pubblica ma anche nei decisori) è arrivata la presa di posizione della ministra belga della Cooperazione allo sviluppo, Caroline Gennez (nella foto).

In tv domenica ha lanciato un appello ai colleghi europei, suggerendo ai 27 di vietare l'importazione di prodotti israeliani per indebolire un intero Stato attaccato barbaramente un mese fa e oggi alle prese con l'opzione militare per distruggere Hamas e riprendersi gli ostaggi. Nello studio di VTM Nieuws, la socialista ha ipotizzato sanzioni come quelle che l'Ue ha votato nel corso degli anni per «Stati canaglia», organizzazioni e persone fisiche vicine a paria dell'ordine internazionale; il caso Russia è solo il più recente. Un pezzo di governo belga ha iniziato a contare i prodotti made in Israel sugli scaffali dei supermercati, mettendoli su un piatto della bilancia e sull'altro il vantaggio di tener buone le piazze arabe e le Molenbeek del Paese dando loro un segnale di abbandono dell'unica democrazia compiuta del Medio Oriente. Nasrallah si era rivolto ai Paesi arabi per iniziare il pressing sulla fetta di popolazione musulmana che è parte integrante del tessuto sociale ed economico del Vecchio continente. D'altronde in Europa una campagna di boicottaggio coordinata dalla Rete BDS è attiva dal 2005. Israele la denuncia da tempo come minaccia esistenziale e le aveva fatto perdere smalto. Ma ora è una ministra a prendere in mano quegli stessi argomenti, rilanciati da chi oggi sventola in sit-in cartelli pro-Hamas chiedendo di boicottare Tel Aviv.

Una sottile gara Ue dai contorni antisemiti complessi da definire giuridicamente. Dal cambio nome di una città chiesto in Francia da pezzi di sinistra estrema (Villejuif sarebbe «un insulto al popolo palestinese») alle scuole (l'asilo tedesco che non vuol più chiamarsi «Anne Frank»). Ora l'attacco ai beni alimentari. Frutta e spezie. Fiori, vino, preziosi e Sodastream, il marchio che produce dispositivi per la gasatura delle bevande. Germania e Francia si sono schierate contro queste pratiche denigratorie. Ma in passato hanno dovuto smettere di denunciare chi inneggiava al boicottaggio di prodotti israeliani perché una sentenza della Corte Ue dei diritti dell'Uomo, in nome della libertà di espressione, bocciò nel 2020 quelle condanne penali. Se la strada del boicottaggio belga è quasi impraticabile sul piano comunitario, è un segnale di quanto sia divisa l'Ue sulla crisi.

Il tutto mentre il parlamento turco ha già deciso la messa al bando di aziende israeliane del settore alimentare, igienico e tessile.

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