Ma Bruxelles insiste: "Kiev in Ue e Nato, niente veti russi". Volenterosi in campo

I leader: bene gli sforzi di Trump, premere su Mosca. Oggi riunione della coalizione

Ma Bruxelles insiste: "Kiev in Ue e Nato, niente veti russi". Volenterosi in campo
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Prima una riunione straordinaria degli ambasciatori in rappresentanza di tutti i 27 paesi membri, convocata ieri mattina per programmare i prossimi passi dell'Unione. Poi la decisione di organizzare una call dei volenterosi per oggi pomeriggio, a cui parteciperà la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Friedrich Merz e il premier britannico Keir Starmer.

Il dopo Anchorage visto dall'Ue appare di varie tinte, con sfumature diverse. Da un lato c'è chi come Kaja Kallas, alto rappresentante per la politica estera, ha accolto la "determinazione di Trump a raggiungere un accordo di pace", ma sottolineando che "la dura realtà è che la Russia non ha alcuna intenzione di porre fine a questa guerra a breve". In sostanza ha chiesto misure più severe per costringere Mosca a sedersi al tavolo dei negoziati. Dall'altro nella dichiarazione congiunta dei leader Ue (von der Leyen, Macron, Meloni, Merz, Starmer, Stubb, Tusk, Costa) si legge che il passo successivo deve ora essere un ulteriore dialogo con il Presidente Zelensky, con un passaggio cerchiato in rosso: "Siamo convinti che l'Ucraina debba disporre di garanzie di sicurezza ferree per difendere efficacemente la propria sovranità e integrità territoriale".

Nel mezzo il commento della presidente della Commissione Ue, che ringrazia Trump per l'aggiornamento sulle discussioni in Alaska e assicura che Bruxelles sta lavorando a stretto contatto con il presidente ucraino e gli Stati Uniti per raggiungere una pace giusta e duratura. "Sono essenziali solide garanzie di sicurezza che proteggano gli interessi vitali di sicurezza ucraini ed europei", scrive su X von der Leyen con piglio diplomatico. Più esplicita la Kallas, secondo cui la Russia "non metterà fine alla guerra in Ucraina finché penserà di poterla continuare". Il suo ragionamento parte un dato di fatto: mentre le delegazioni si incontravano, la Russia lanciava nuovi attacchi contro l'Ucraina. "Putin continua a trascinare i negoziati e spera di farla franca. Ha lasciato Anchorage senza impegnarsi a porre fine alla strage. Gli Stati Uniti hanno il potere di costringere la Russia a negoziare seriamente". Di qui la sua promessa sulle strategie europee di domani, che significa più sostegno a Kiev, non solo con aiuti o mezzi ma anche con il 19° pacchetto di sanzioni, certa che la sicurezza europea non sia un valore negoziabile. "La vera causa principale della guerra è la politica estera imperialista della Russia, non uno squilibrio immaginario nell'architettura di sicurezza europea", ha scritto su X.

Apprezza gli sforzi di Trump per la pace il primo ministro inglese, che mette l'accento sulla disponibilità americana a garantire la sicurezza: "Si tratta di un progresso importante e sarà cruciale per scoraggiare Putin dal tornare a pretendere di più", ha osservato Starmer, aggiungendo una promessa: "Finché Putin non fermerà il suo assalto, continueremo a stringere le viti sulla sua macchina da guerra con sanzioni ancora più dure".

Di mondo più sicuro dopo il vertice in Alaska ha parlato il primo ministro ungherese Viktor Orban, secondo cui per anni "abbiamo visto le due maggiori potenze nucleari smantellare il quadro della loro cooperazione e scambiarsi messaggi ostili. Ora tutto questo è finito. Oggi il mondo è un posto più sicuro di ieri".

Per il primo ministro slovacco Robert Fico, i prossimi giorni mostreranno se "i grandi attori dell'Unione sosterranno questo processo o se continuerà la fallimentare strategia europea di cercare di indebolire la Russia attraverso questo conflitto con ogni sorta di incredibile assistenza finanziaria, politica o militare a Kiev".

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