La bussola Schlein ignora la geografia

La Schlein ogni tanto ci prova a cambiare spartito ma poi alla fine è risucchiata dalle logiche della maggioranza che l'ha eletta segretaria e degli alleati che sono tutti alla sua sinistra

La bussola Schlein ignora la geografia
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A volte bisognerebbe studiare la geografia per capire le decisioni degli Stati. E probabilmente dietro le bizze del primo ministro spagnolo Sanchez sull'aumento al 5% delle spese militari chiesto dalla Nato oltre al condizionamento ideologico c'è anche la posizione del suo Paese, propaggine estrema del continente verso Ovest, lontano dal fronte orientale e da quello mediorientale. Qualcuno dirà che è un atteggiamento condito da una buona dose di egoismo (il Portogallo che è ancora più ad ovest ha accettato le richieste dell'Alleanza), di menefreghismo e rappresenta, soprattutto, uno strumento per consentire a Sanchez di stringersi attorno la sua maggioranza di sinistra visto che esponenti di primo piano del partito sono accusati di corruzione.

Sarà. Ma sono tutte ragioni che Elly Schlein, che si sta accodando alla posizione spagnola, non ha. Anzi, l'Italia è il paese europeo di frontiera verso il medio-oriente e ha sull'altra sponda quella polveriera, per il momento sopita, che sono i Balcani attraversati periodicamente da tentazioni putiniane. Solo che nel suo pendolarismo perpetuo tra riformismo e radicalismo la segretaria del Pd lo ignora e se da una parte accenna un timido dialogo con il governo in politica estera dall'altra deve mantenere stretto il rapporto con la sinistra radicale. Tanto più che i socialisti europei e una parte dei liberali hanno cominciato a dare scossoni alla maggioranza di Ursula von der Leyen a Bruxelles mettendo nel cahiers de doléances il ritiro della direttiva del greenwashing e il piano del RearmEu. Inoltre l'attacco di Trump a Sanchez ha dato un'ulteriore spinta alla Schlein, visto che il presidente Usa forse è il personaggio più inviso alla sinistra italiana in questo momento.

Il punto, però, è un altro: il riarmo dei paesi europei non è un favore che si fa a Trump ma a noi stessi. Più nella Nato ci sarà un sistema di difesa europeo meno bisognoso del supporto degli Stati Uniti e più l'Europa sarà libera nelle sue politiche e nella sua azione diplomatica. È una condizione essenziale che, purtroppo, non entra nella mente di Sanchez e della Schlein. Quindi siamo al paradosso che mentre la sinistra anti-trumpiana, obnubilata dai suoi impulsi imperpacifisti di stampo ideologico, non si rende conto di questa semplice verità che renderebbe la Ue più autonoma dagli Stati Uniti di The Donald, il concetto è ben presente nelle dissertazioni di un conservatore come il cancelliere tedesco Merz.

È un pò il limite in politica estera dello schieramento che sulla carta dovrebbe contendere il governo al centro-destra della Meloni: gira che ti rigira ragionano su questi argomenti con un occhio ai richiami identitari e con l'altro alle logiche di politica interna. E la ragione è semplice: la Schlein ogni tanto ci prova a cambiare spartito ma poi alla fine è risucchiata dalle logiche della maggioranza che l'ha eletta segretaria e degli alleati che sono tutti alla sua sinistra. Gli manca un contrappeso forte - sul piano dei numeri e dell'identità - sul versante riformista. È un limite che quando si è coinvolti sui temi internazionali in uno scenario complesso e tragico come quello delle tre guerre (Ucraina, Iran e Gaza), si sente ancora di più.

Un limite che rischia di diventare il tallone di Achille del cosidetto campo largo. Anche perché tutte le formule, le invenzioni e il dibattito di questi mesi non ha portato a nulla: Calenda e Renzi continuano a marciare divisi e per ora non è nata nessuna nuova Margherita.

Ora l'ultima idea l'ha tirata fuori dal suo cilindro senza fondo Dario Franceschini: messa da parte la tentazione, per alcuni versi stravagante, di ricorrere all'ex-diretterore dell'Agenzia delle Entrate, Ruffini, l'ex-ministro per il ruolo di federatore del centro che guarda a sinistra offre una rosa di tre sindaci: Silvia Salis, Giuseppe Sala e Gaetano Manfredi. Un caleidoscopio di nomi, appunto, ma non si sa ancora per quale politica.

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