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Caldo e cig, imprenditori in lite. Tra Mes, autonomia e salari così Bonomi fa l'anti-Meloni

Cassa integrazione e smart working approdano sul tavolo del governo

Caldo e cig, imprenditori in lite. Tra Mes, autonomia e salari così Bonomi fa l'anti-Meloni

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Cassa integrazione e smart working approdano sul tavolo del governo. Nelle prossime ore si potrebbe assistere infatti a una svolta dopo le richieste da parte dei sindacati a tutela dei lavoratori che stanno affrontando le temperature alte di questi giorni. Non è escluso che l'esecutivo possa pensare all'emanazione di un decreto legge in tal senso, specialmente in difesa di quelle attività professionali particolarmente esposte al caldo torrido estivo. Le rivendicazioni su Cig e telelavoro avevano visto battersi in prima fila non solo la Cgil insieme alle altre sigle sindacali, ma - per una strana sintonia - anche Carlo Bonomi. Il presidente di Confindustria, del resto, aveva chiesto insistentemente negli scorsi giorni di adottare delle misure simili a quelle che vennero attuate nel pieno delle ondate del Covid-19, innescando uno scontro con la Coldiretti, che ieri ha lanciato l'allarme: uno stop al lavoro nel periodo più delicato per le attivita agricole sarebbe un disastro.

Il pressing e le critiche del capo degli industriali contro l'esecutivo presieduto da Giorgia Meloni, tuttavia, stanno diventando ormai una sorta di «tormentone» in tutti questi ultimi dieci mesi: nella sostanza, addirittura fin da prima che la coalizione di centrodestra si insediasse ufficialmente a Palazzo Chigi. La leader di Fratelli d'Italia, infatti, non fece nemmeno in tempo a vincere nettamente le elezioni politiche dello scorso 25 settembre che Bonomi sembrava quasi denunciare una lentezza nella composizione della nuova squadra dei ministri auspicando, nei primissimi giorni di ottobre, la formazione di «un governo al più presto», «fermo nelle scelte che gli competono», che fosse «inappuntabile nelle persone che lo compongono» e che conoscesse «bene la macchina pubblica ed i dossier».

Meno di un mese dopo il giuramento davanti a Mattarella, il presidente del Consiglio presentò una manovra a tempo di record che prevedeva - tra i vari elementi - risorse ingenti contro il caro energia. Ma per Bonomi la legge di bilancio mancava totalmente «di visione: sulla lotta alla povertà, come su occupabilità e produttività». Subito dopo il disegno di legge sull'autonomia differenziata di inizio 2023, il suo giudizio fu piuttosto netto: «Non deve essere un tema di divisione del Paese. Non possiamo permettercelo: questo Paese non si può dividere: ha problemi urgenti da affrontare». All'epoca si stava comunque parlando di una norma prevista dalla nostra Costituzione repubblicana. Ma le stroncature non finirono certamente qua. Sulla rivoluzione fiscale dichiarò: «Ci aspettiamo una riforma organica, perché se si parla solo di rimodulazione di alcune aliquote, non è questa la strada giusta».

Lo scorso 28 maggio Carlo Bonomi stigmatizzò poi l'azione del governo perché, oltre a quella fiscale, «non si stanno affrontando quelle riforme che tutti noi auspicavamo che venissero affrontate senza indugio: quella della giustizia e una riforma del lavoro a 360 gradi concentrata sulle politiche attive, di cui non vediamo ancora traccia anche nell'ultimo decreto lavoro». Stando all'opinione del dirigente d'azienda di origine cremasca, il governo avrebbe dovuto completare il proprio intero programma in un arco temporale di circa sei mesi, pur avendo come orizzonte quello di una legislatura completa di cinque anni.

E il Mes? È da prendere: «Può essere utilizzato anche per interventi di politica industriale». Sul salario minimo, proposto a gran voce da Giuseppe Conte, Elly Schlein e Carlo Calenda, «non c'è alcun veto da parte di Confindustria». Infine - per l'appunto - si arriva all'ultima proposta sulla cassa integrazione e sullo smart working nella lotta contro l'afa, mettendo sullo stesso piano l'emergenza caldo a quella del Coronavirus. Nel 2006 Silvio Berlusconi arringò l'Assemblea di Confindustria a Vicenza, invitando gli imprenditori a frequentare meno i palazzi della Confederazione e a pensare di più allo sviluppo delle proprie aziende.

Oggi - a distanza di diciassette anni da quel discorso molto appassionato - il consiglio si potrebbe tranquillamente riproporre.

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