Il calvario dei cristiani dalla Striscia alla Cisgiordania

Dal 7 ottobre fedeli dimezzati a Gaza, tra fughe e raid. Pesa pure la violenza dei coloni

Il calvario dei cristiani dalla Striscia alla Cisgiordania
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I cristiani in Medio Oriente sono fra due fuochi: bombe israeliane a Gaza e aggressioni dei coloni in Cisgiordania, chiese bruciate e attentati jihadisti in Siria. Non è la prima volta che viene colpita la chiesa simbolo della Sacra famiglia nella Striscia palestinese. Dopo il 7 ottobre, in novembre e dicembre, appena fuori dalla parrocchia sono state uccise una musicista e una madre con la figlia. Bombardamenti e cecchini hanno colpito il complesso e le strutture delle suore di Madre Teresa, che non mollano Gaza. "Gli altri cristiani morti - spiegava pochi giorni fa padre Gabriel Romanelli ferito ieri - sono comunque vittime della guerra: si tratta di persone malate (cardiopatici, diabetici, ecc.) che non hanno più potuto ricevere i medicinali necessari. Poi ci sono circa 50 tra disabili e bambini curati amorevolmente dalle suore".

Dal 7 ottobre la comunità di 1017 cristiani di Gaza si è ridotta alla metà. "Circa 300 sono riusciti a uscire dalla Striscia, 54 sono morti, 16 sono stati uccisi nel bombardamento che ha colpito la chiesa di San Porfirio del Patriarcato ortodosso" raccontava padre Gabriel.

Non solo: i cristiani, in gran parte arabi israeliani o palestinesi, sono nel mirino degli ultraortodossi e dei coloni soprattutto in Cisgiordania e a Gerusalemme. Il più recente, grave episodio di violenza è avvenuto il 7 luglio a Taybeh, l'ultima cittadina interamente cristiana della Terra Santa. Una dozzina di coloni israeliani armati hanno incendiato l'area vicino al cimitero e alla chiesa di San Giorgio, un sito del V secolo tra i più antichi della Palestina. Padre Bashar Fawadleh si è precipitato con i giovani del villaggio a spegnere le fiamme e i coloni stavano a guardare dopo avere bloccato le strade con le loro auto. Le forze di sicurezza israeliane sono intervenute con colpevole ritardo. I coloni hanno piazzato un cartellone rivolto agli abitanti di Taybeh con una scritta che non lascia dubbi: "Qui non c'è futuro per voi". Nel 2024 sono state registrate 111 aggressioni o violenze in Israele, compresa Gerusalemme, contro religiosi o civili cristiani. Trentacinque casi riguardano atti di vandalismo contro chiese, monasteri o insegne pubbliche religiose. I cristiani che vivono nello Stato ebraico sono 180mila (80% arabi) e un sondaggio fra i giovani ha rivelato che il 48%, al di sotto dei 30 anni, vuole emigrare abbandonando la Terra Santa. Però nelle città palestinesi della Cisgiordania, figure ecclesiastiche di rilievo sfilano nei cortei dove non mancano le bandiere dell'ala militare di Hamas e gli slogan che inneggiano ai "martiri" della causa che hanno pianificato il 7 ottobre. Per Abuna Abdallah Julio, in tunica nera e croce d'oro al collo, incrociato in una manifestazione a Ramallah, "siamo tutti partigiani. Anche in Italia durante la seconda guerra mondiale c'erano diverse fazioni. Siamo la resistenza unita".

I cristiani, che non hanno milizie armate, sono sotto tiro anche in Siria. Negli ultimi giorni di scontri nel Sud fra forze governative composte da beduini oltre a frange jihadiste e i drusi, la chiesa greco-melchita di San Michele ad Al-Sura è stata attaccata e incendiata. E 38 case di famiglie cristiane sono state date alle fiamme. Il 13 luglio a Nord di Damasco, alla periferia di Tartus è stato sventato l'ennesimo attentato contro la chiesa maronita di Mar Elias.

L'attacco più sanguinoso è quello kamikaze del 22 giugno nella chiesa ortodossa di Sant'Elia nel quartiere cristiano di Dweil'a, a Damasco, che ha provocato 30 morti e 54 feriti nel corso della messa domenicale. Il governo dei talebuoni al potere, dopo la caduta del regime di Assad, ha accusato dell'attentato suicida gli ex "amici" dello Stato islamico.

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