
"Sono dispiaciuta, sono preoccupata per quello che sta accadendo a Milano. Milano è la città che traina l'Italia. Non può restare ferma". Parla Giulia Ligresti, nome eccellente della borghesia milanese. È figlia di Salvatore, il ragazzo che venne a Milano dalla Sicilia, da Paternò, provincia di Catania, negli anni 50, e costruì un impero. Non solo un impero economico, ma costruì proprio Milano: la Milano moderna, quella che poi è diventata la "Milano vicina all'Europa" di Lucio Dalla, la città simbolo dello sviluppo e della modernità italiana.
Giulia era molto legata al suo papà. Lo adorava. Conosceva tutto di lui. E ha seguito le sue orme finché un gruppo di magistrati decise - inutilmente- di stroncarla. La indagò, la mise in carcere, la costrinse a patteggiare, lasciò che fosse lapidata dalla stampa, finché il tribunale non riconobbe la sua assoluta e totale innocenza. Giulia Ligresti è sconvolta da questa inchiesta milanese. Le chiedo se conosce qualcuno degli imputati. "Conosco Manfredi Catella - mi dice - lo conosco da molto tempo. Ricordo bene il primo incontro, quando suo padre Riccardo e mio padre decisero di avviare un progetto che avrebbe segnato il futuro della città. Quel progetto è oggi uno dei simboli della nuova Milano. Allo stesso modo, con CityLife dove facevamo parte della cordata che vinse la gara pubblica per lo sviluppo dell'area e con Porta Nuova, abbiamo contribuito a trasformare il volto di Milano, rendendola moderna e proiettata nel futuro. Non capisco se questo è un demerito". Il problema è che è scoppiato un altro scandalo giudiziario. La Procura è all'attacco. Parla di "sistema corruttivo". Ho l'impressione che Giulia Ligresti non si fidi molto di queste teorie. Le conosce le teorie dei magistrati, le ha sentite tagliarle la pelle, spingerla alla disperazione, prima di sgonfiarsi come un palloncino soffiato male. Però lei è prudente e sobria. Misura le parole: "Non intendo pronunciarmi sulla vicenda giudiziaria in corso: non conosco i fatti e ogni commento sarebbe inopportuno. Sono abituata a esprimermi solo su ciò che conosco e ho approfondito. Tutto il resto rischia di essere rumore. Lo so per esperienza personale quanto sia importante non giudicare prima del tempo". Del resto al libro autobiografico che ha scritto, ed è uscito qualche mese fa, ha dato proprio questo titolo: Niente è come sembra. Però io insisto: Catella? "Stimo Manfredi Catella - mi risponde - e mi auguro che possa chiarire presto la sua posizione.
Ma quindi - chiedo - esiste o no un problema Milano? C'è qualcosa nel suo sviluppo che negli ultimi anni non è andato bene? "È evidente - risponde - che Milano ha bisogno di più ordine, ma soprattutto di una programmazione urbanistica più consapevole. Cosa vuol dire più consapevole? L'urbanistica è una materia complessa, non si fa solo coi metri cubi: le nuove costruzioni devono dialogare con l'ambiente circostante, devono rispettare il suolo e tutelare il verde. Serve una visione più ampia e lungimirante, non solo nel campo immobiliare. È questo che mi ha sempre insegnato mio padre. Imprenditoria non è solo guadagno, profitto: è progetto, è visione, è futuro".
Ed è proprio parlando di visione e di futuro che finisce per dirmi qual è il suo sogno. Diventare sindaco di Milano. Quando lo dice sorride, si mantiene umile, perché è una donna che non conosce il narcisismo. Lo ha messo alla prova e demolito girando il mondo, andando a Gaza, in Afghanistan e in India, aiutando i bambini disperati, ristabilendo le proporzioni tra i problemi dei ricchi e gli abissi di disperazione di intere zone del mondo. Però ne parla dell'ipotesi di diventare sindaco di Milano. Ci crede. Pensa di essere in grado di ascoltare i milanesi e di dare loro delle risposte. "Oggi - mi dice - i milanesi non si sentono ascoltati. È come se chi guida la città procedesse in una direzione opposta rispetto ai bisogni reali delle persone.
Ci si concentra su temi marginali, mentre i cittadini chiedono sicurezza per le strade, trasporti pubblici efficienti, spazi verdi curati e alloggi accessibili: dobbiamo sconfiggere la sfiducia. Certo, quello che sta succedendo non aiuta...".