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Quel Centro "balcanizzato" mentre i poli si radicalizzano

Lega e Fdi: duello a destra ma nessuno minerà il governo. Competizione tra Conte e Schlein per l'egemonia a sinistra

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Qualcuno a sinistra sogna che la contesa tra le due destre italiane quella che porta in visita Ursula von der Leyen a Lampedusa per renderla partecipe del dramma dell'isola, cioè Giorgia Meloni, e quella che affida il palco del raduno leghista di Pontida a Marine Le Pen, cioè Matteo Salvini, porti alla deflagrazione del governo. È una speranza legittima ma che andrà delusa: l'interesse di entrambi è che l'esperienza del governo di destra-centro continui; tutti e due sono consapevoli che chi si assumesse la responsabilità di una rottura poi alle elezioni farebbe un risultato vicino allo zero, come scommette il capogruppo dei senatori del Carroccio, Massimiliano Romeo.

Anzi, sia la Meloni, sia Salvini puntano a raddoppiare, a governare in questa legislatura e nella prossima. Solo che la competizione tra le due anime della maggioranza non farà cadere l'esecutivo ma rischia - e qui esiste un problema - di radicalizzare la coalizione a destra. Magari un po' troppo, mettendo a repentaglio la vittoria alle prossime elezioni quando saranno. Un fenomeno speculare a quello che si sta verificando sull'altro versante della politica: c'è una gara, infatti, tra piddini e grillini per diventare i campioni della sinistra, per accaparrarsi il ruolo dei rappresentanti più puri di quel mondo. Un meccanismo perverso che rende impossibile affrontare, ad esempio, un tema come l'immigrazione che richiederebbe un minimo di collaborazione, una soluzione come si dice di sistema, in una logica bipartisan come avviene nelle altre democrazie del mondo. In fondo la politica sui clandestini di Biden, per dirne una, non è per nulla diversa da quella di Trump. E la ragione è semplice: per risolvere almeno in parte il problema dell'immigrazione uno stato deve dare un'indicazione chiara, deve dimostrare per usare le parole della von Der Leyen che «siamo noi a decidere chi entra in Europa non gli scafisti», come il governo di Washington, chiunque sia l'inquilino alla Casa Bianca, va per le vie brevi per rendere chiaro che sono gli americani a decidere chi deve entrare negli Stati Uniti non i trafficanti che organizzano la tratta dei messicani. Invece, in Italia esistono le stagioni dei tanti che si susseguono al Viminale dei Minniti, dei Salvini, dei Piantedosi e giù di lì: le linee di comportamento cambiano, non si trova un punto d'incontro, l'argomento entra nella polemica politica e i porti si aprono e si chiudono a seconda del momento. E con un atteggiamento cangiante non si dissuade di certo il clandestino che da disperato vuole partire, lo si mette nelle mani degli scafisti.

Tornando a noi il meccanismo della «radicalizzazione» vive su un paradosso: la competizione, a destra come a sinistra, vive sul protagonismo dei diversi leader, da una parte la coppia Meloni-Salvini e dall'altra il duo Schlein-Conte, ma all'interno del confine di un universo comune di valori, di principi e di politiche; restano, invece, fuori e finiscono per non contare niente le tante anime dell'universo centrale. Un centro balcanizzato in tanti gruppuscoli che, invece, di unirsi per contare di più, si fanno la guerra tra loro. La stravaganza è che un tempo nel centro, quando pesava, quando aveva un leader riconosciuto come Silvio Berlusconi, regnava la filosofia dell'inclusione, dentro Forza Italia, ad esempio, c'erano cattolici, socialisti, liberali e radicali; ora che in entrambi versanti conta meno, adesso che non ha un leader, nessuno tende ad accogliere ma punta ad escludere pensando che la coperta non possa coprire tutti. Un'assurdità perché proprio quando non ci sono leader o ce ne sono troppi, bisognerebbe mettere in piedi - la Dc insegna - un soggetto comune basato su politiche comuni e su una solidarietà di fondo. Anche perché il centro, l'area moderata che guarda a destra o a sinistra, dovrebbe essere il luogo della mediazione, del compromesso. Invece, non si riesce a costruire in nessuno dei due versanti un soggetto che arrivi o, almeno, ambisca al dieci per cento. Non si ha la forza neppure di ricomporre la frammentazione di Forza Italia. L'idea del tutti dentro che personaggi diversi ma di esperienza, come Fedele Confalonieri o Denis Verdini auspicano, resta lettera morta. C'è solo un gran numero di orfani che vanno dagli eredi di Forza Italia fino ad un pezzo dei riformisti del Pd, passando per Renzi, Calenda, Bonino. L'assurdo è che in Europa mentre i soggetti radicali sia a destra che a sinistra fanno parte di raggruppamenti diversi, tutta l'area centrale si muove all'interno dell'attuale alleanza che tiene in piedi la Commissione Europea. Una contraddizione plateale.

Il risultato è che i processi di radicalizzazione in atto non vengono compensati e le aree centrali hanno perso la loro funzione e la loro - mi sia permesso il gioco di parole - centralità. Insomma, in queste condizioni non contano un tubo.

Non so se sia un bene o un male per il Paese.

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