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Quelli che ancora rosicano: "Pasticci, bugie, vittimismo"

I giornali di sinistra scatenati contro la premier, da Travaglio ironia al vetriolo persino sulla pipì. E "Repubblica" rispolvera il vecchio soprannome, "Calimera"

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Tre ore di conferenza stampa, 42 domande e Marco Travaglio che si infuria se la premier si concede un minuto di pausa per la pipì. Si aggiudica lui il premio «rosicone» dell'anno. Nel day after della conferenza del presidente del Consiglio Giorgia Meloni, i detrattori provano a nascondersi. Ma la rabbia li tradisce. Escono accompagnati dall'immancabile travaso di bile e indivia. In tutti ad aspettare (e sperare) nel forfait della leader di Fdi. Ed invece Meloni si presenta puntuale e non si sottrae ad alcuna domanda. Eppure i giornali di opposizione, Domani, Repubblica, Il Fatto Quotidiano, La Stampa, Il Manifesto, notano rabbia e nervosismo. Dove? In quale conferenza stampa? Stefano Cappellini su Repubblica si supera, pur di sparare (a salve) contro il capo dell'esecutivo, accusandola di omertà. E per non farsi mancare nulla, tira fuori dal cilindro il soprannome «Calimera» affibbiato alla premier in gioventù. La rosicata contagia anche un mite come Enrico Mentana che nel suo tg attacca: «Sui ricatti il presidente del Consiglio sia esplicita». Dal fronte di Palazzo Chigi filtra un serafico: «Enrico stai sereno». Il giornale diretto da Marco Travaglio, oltre a ironizzare sulla pipì di Meloni, attacca sulla questione morale. Che novità. Doppia rosicata per Manifesto e Domani. Nei titoli gli attacchi si sprecano. «Tre ore di show» - scrive il Manifesto. Pensa se fossero state tre ore di noia. Mentre il giornale fondato da Carlo De Benedetti parla «bugie, dati errati e propaganda. La realtà parallela di Meloni». Disco rotto e rosicata collettiva. L'ex premier grillino, che vorrebbe stare al posto di Meloni a Palazzo Chigi, corre da Repubblica per attaccare la conferenza del presidente del Consiglio: «Leone in campagna elettorale e agnellino ai vertici internazionali. Fa la vittima e intanto sui casi politico-giudiziari che lambiscono il governo fa esplodere la questione morale». Conte è certo: «Meloni è in grossa difficoltà al di là dei suoi soliti toni muscolari». Sui social riappare Elio Vito per un commento al veleno: «Meloni: il momento più difficile dopo la tragedia di Cutro La sera stessa del Cdm a Cutro era a cantare il karaoke con Salvini. Meloni: potevo mettere mia sorella in una partecipata di Stato e non l'ho fatto. No Giorgia potevi metterla solo nel tuo partito e lo hai fatto». Che rosicata. Elly Schlein, che nel frattempo si prepara al confronto, si affida alla nota dura dei capigruppo Boccia e Braga. In tv, Gruber, Formigli, Floris si preparano alle analisi (cariche di rabbia) post conferenza. Andrea Scanzi sbrocca in un video sui social: «Tre ore di non-risposte, frignate, retorica, propaganda e passaggi involontariamente comici (Rai, questione morale, familismo, Salvini eccetera). Ecco tutto quello che c'è da dire (ma molti non vi diranno) sulla conferenza stampa di fine/inizio anno della Meloni». Tutti i rosiconi erano pronti a saltellare sul flop della Meloni. Tutti in attesa del passo falso. Del tentennamento. Il dato in realtà è un altro. Caso Verdini? Dal presidente del Consiglio risposta secca, senza timori. Pozzolo? Nessuna esitazione. E poi via con gli altri temi spinosi: Mes, regionali, giustizia, Rai. Nessuna sbavatura. Meloni li ha spiazzati.

Da oggi i rosiconi battono in ritirata.

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