Chi sfrutta davvero paura e rancore

"Paura" e "rancore" si candidano al titolo di parole più usurate della campagna elettorale

Chi sfrutta davvero paura e rancore

«Paura» e «rancore» si candidano al titolo di parole più usurate della campagna elettorale. La sinistra accusa il centrodestra di cavalcare la paura (del diverso, dello straniero, dell'immigrato) e di soffiare sul fuoco del rancore in una società dove tutti saranno contro tutti. Enrico Letta, leader del Partito democratico, a fine luglio, alla Camera, ha dettato la linea: la destra farà campagna elettorale «evocando complotti, inventando nemici», facendo «leva sulla paura» e promettendo risultati che non si trovano neppure «sull'albero dei miracoli». Ancora: la destra tirerà fuori «l'armamentario» con il quale «semina paura e divisioni». A quanto pare, molti intellettuali condividono questa visione apocalittica delle cose. Ad esempio, pochi giorni fa, Antonio Scurati, Premio Strega, ha spiegato in una intervista a la Repubblica che la destra vince perché cavalca «le passioni tristi, le paure, i rancori». Spiace disturbare un evangelista per le elezioni italiane ma è proprio il caso di farlo e chiedere a Letta (e anche a Scurati): «Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?» (Luca 6,41). La sinistra infatti ha imbastito una campagna elettorale che punta su un solo tema: la paura del fascismo. Nella versione più grottesca, quella dei politici, si direbbe che l'Italia possa cadere in mano alle squadracce di camicie nere armate di manganello e olio di ricino. Nella versione un po' meno grottesca, il fascismo non tornerà più, ma la destra metterà comunque in discussione i diritti civili e i pilastri della democrazia tra cui la Costituzione (che durante il Covid stranamente non interessava né ai politici né agli intellettuali). Nel frattempo i giornali d'area dedicano pagine e pagine a Giorgia Meloni per far passare il messaggio allarmistico: qui si rischia la marcia su Roma. In quanto al rancore, nessuno è più rancoroso della sinistra, ieri lo ha confermato Matteo Renzi davanti alle liste del Partito democratico. I potenziali candidati non ostili a Italia viva sono stati eliminati sistematicamente perché, dice Renzi, «la guida di Enrico Letta è caratterizzata più dal rancore personale che dalla volontà di vincere». Poi c'è il rancore verso i leader avversari, che questa sinistra non è quasi mai riuscita a battere nelle urne. Infine c'è il programma economico rancoroso, con la proposta della tassa più rancorosa che ci sia: la patrimoniale.

La sinistra insiste sulla paura dei fascisti e sul rancore verso i benestanti invece di spiegare quale società vorrebbe. Senza rancore, ma c'è da aver paura di uno schieramento senza una idea che non sia demonizzare l'avversario.

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