Politica estera

È il solito trucco. Minacce atomiche e appetiti coloniali

I generali tedeschi di oggi non corrispondono al nostro datato immaginario

È il solito trucco. Minacce atomiche e appetiti coloniali

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È il solito trucco. Minacce atomiche e appetiti coloniali

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I generali tedeschi di oggi non corrispondono al nostro datato immaginario. Quelli del passato, guglielmino e nazista, li ricordiamo come temibilissime macchine da guerra con il monocolo incastrato sull'occhio spiritato e il berretto nero con la testa di morto. Quelli di oggi sono a sentire i colleghi inglesi che si sono ritrovati i loro piani segreti per l'Ucraina spiattellati da una chiacchierata tra alti ufficiali che doveva rimanere riservata ed è finita captata dagli 007 di Mosca degli inaffidabili pasticcioni, spesso infiltrati dai russi e a tal punto incapaci di gestire situazioni delicate da arrivare a farlo con un cellulare privato da un hotel di Singapore o usando una comune sessione di Webex non criptata.

Sia come sia, la frittata è stata fatta, il cancelliere tedesco Scholz è furioso mentre sia a Londra sia a Kiev sono assai preoccupati. E si capisce: nei 38 minuti di «leaks» c'è di tutto. Non solo una serie di segreti militari sono stati squadernati, ma addirittura prossime strategiche forniture di armi Ue a Kiev messe a rischio. Oltre a questo, c'è la ricaduta politico-diplomatica. Putin non ha perso tempo a sfruttare il prezioso materiale per la sua propaganda, con l'obiettivo immediato di seminare discordia tra gli interventisti vertici militari tedeschi (il capo della Luftwaffe Ingo Gerhartz ha detto di «non capire perché il Cancelliere non mandi i nostri missili all'Ucraina») e l'assai più cauto governo di Berlino.

Ma più ancora, il Cremlino si è subito giocato la carta del capovolgimento è il caso di dirlo della frittata: il portavoce di Putin (quel Dmitry Peshkov specializzato in balle spaziali come quella, ripetuta fino a poche ore prima dell'invasione dell'Ucraina e da molti opinionisti italiani volentieri sottoscritta, secondo cui 150mila soldati russi si trovavano sul confine «solo per normali esercitazioni») ha detto non solo che i nastri «evidenziano una volta di più il coinvolgimento diretto dell'Occidente collettivo nel conflitto in Ucraina», ma perfino che «la Bundeswehr discute in dettaglio piani per colpire il territorio russo».

Insomma, i guerrafondai non sono i russi che hanno invaso l'Ucraina massacrando 70mila militari e 12mila civili, ma gli occidentali che aiutano Kiev a difendersi, ovviamente non usando fucili a tappi e cerbottane. È arrivato puntuale anche Dmitry Medvedev, l'uomo incaricato di ricordarci che ci conviene fare i bravi: il rischio nucleare, ha detto gravemente per la 236ª volta in due anni, è più alto che nel 1962, all'epoca della crisi di Cuba. A conferma che il gioco di Putin è il solito: spaventare le opinioni pubbliche europee con lo spettro inesistente di una guerra nucleare, attribuendone la colpa a chi vuole impedirgli di sottomettere con la forza l'Ucraina.

Ed è bene ricordare che la tappa successiva dei piani del megalomane del Cremlino riguarda noi europei tutti, obiettivo di quel Progetto Eurasia che prevede l'egemonia russa su un'Europa imbelle abbandonata dagli Usa e ridotta alla «sovranità limitata» che l'Urss impose con la violenza ai suoi sciagurati satelliti fino al 1989.

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