Il compromesso al rialzo che ha ridato unità alla Chiesa

Il nuovo Papa è risultato eletto solo dopo due giorni; al quarto scrutinio: quello, solitamente, riservato ai favoriti (per Ratzinger così era stato)

Il compromesso al rialzo che ha ridato unità alla Chiesa
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L'elezione di un Papa, per procedure e simboli, è la più suggestiva trasposizione del mistero della fede su questa terra. Gli esiti di un papato, invece, debbono considerarsi imponderabili, per chi crede ma anche per chi non crede. I primi si affidano all'imperscrutabilità del disegno divino. Per i secondi, invece, vale la lezione della storia. Troppe volte è iniziata in un modo e finita in un altro. Meglio, dunque, non trarre conclusioni sulla base delle sole premesse.

Ci si può, invece, più utilmente avventurare in una valutazione secolare delle sensazioni e dei messaggi che l'elezione del pontefice ha trasmesso. Non come mero esercizio di stile. Ma come analisi di un momento fondamentale, dalla quale desumere qualche elemento per giudicare lo stato di salute della Chiesa. Impossibile, a tal fine, non considerare il contesto. Va ricordato, innanzitutto, come l'elezione del successore di Francesco sia avvenuta in un momento di profonda incertezza per il quadro internazionale e per la realtà interna dei principali Stati. Il mondo, per certi versi, ci appare oggi al contrario. Al punto che l'Italia, a lungo paradigma di debolezza sistemica, sembra possedere un governo edificato sulla roccia. Non possono scordarsi neppure le fratture che, nell'ultimo periodo, hanno attraversato la Chiesa. E la loro pericolosità, amplificata dalle direzioni opposte nelle quali esse si sono prodotte. Per questo, governarle è divenuto compito arduo. Per questo, era facile prevedere che esse si sarebbero trasferite nel Conclave.

Le previsioni, invece, sono state smentite. Il nuovo Papa è risultato eletto solo dopo due giorni; al quarto scrutinio: quello, solitamente, riservato ai favoriti (per Ratzinger così era stato). Questa volta, invece, il nome ha lasciato i più stupefatti. C'è voluto poco, però, per capire che la scelta del Cardinale Prevost è il modo con il quale la Chiesa prova a uscire dal pontificato di Francesco non smarrendo Francesco. Non si tratta di artifizio retorico. Il nuovo Papa, per il passato che lo lega al Perù, è ecclesiasticamente sudamericano. Al momento dell'ascesa al soglio non lo ha certo nascosto. La sua nazionalità e la sua Chiesa, invece, sono americane. Già la sola biografia, dunque, mette naturalmente in comunicazione Occidente e nuovo mondo. E anche per quanto concerne la sintesi tra spiritualità e concessioni al secolo, i segnali non sono mancati. Ha scelto un nome da Papa. Che rimanda, però, a chi armò la dottrina sociale per sfidare la potenza del marxismo montante, religione civile che si proponeva d'impossessarsi degli ultimi. Il nuovo Papa, inoltre, si è presentato bardato di tutti i paramenti sacri. E in luoghi dove, negli ultimi tempi, il linguaggio sociologico aveva fatto concorrenza a quello della fede, è risuonata incontrastata la preghiera. Infine, l'elezione di Robert Francis Prevost può esser letta anche come risposta alla riacquisita centralità americana. Da oggi, infatti, gli americani più importanti al mondo sono due.

Misurata con i parametri del secolo, è stata una grande operazione. La Chiesa, attraverso un compromesso al rialzo, ha dato l'impressione di aver ritrovato la sua intima unità.

E questo giudizio viene rafforzato dal confronto con lo stato dei potenti della terra, che per lo più si arrabattano incapaci d'utilizzare la risorsa che dovrebbe, invece, essere la loro: la politica. Il discorso, certamente, non può esaurirsi qui. Ma si tratta di un buon inizio. Non è poco e, soprattutto, non era scontato.

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