Una vittoria a metà, per avere salvato l'«onore» di quello che già nel 2019 considerava un astro nascente della ricerca, cioè Agostino Riva, scagionato ieri da tutte le accuse. Il virologo Massimo Galli è stato assolto per non avere commesso il fatto dall'accusa di turbativa d'asta, nell'inchiesta sulla cosiddetta «concorsopoli». Avrebbe fatto sì che il posto di professore di seconda fascia in malattie cutanee, infettive e dell'apparato digerente, venisse assegnato al suo pupillo Riva, quando un altro candidato, Massimo Puoti, sarebbe stato più idoneo per titoli ed esperienza. Galli, difeso dagli avvocati Giacomo Gualtieri e Roberto Rigoni Stern, è stato condannato invece per falso a un anno e quattro mesi, con pena sospesa e non menzione, e gli sono state concesse le generiche. Su questo, afferma il professore, «mi sento solo di ammettere di avere dimenticato di correggere un orario». I suoi coimputati, i docenti Claudio Maria Mastroianni e Claudia Colomba, avevano invece patteggiato una pena a meno di sei mesi di reclusione, convertita in una sanzione pecuniaria da circa 8mila euro.
Per il resto il professor Galli, ex direttore del reparto malattie infettive 3 dell'ospedale Sacco, una vita passata prima a lottare contro l'Aids e poi contro il Covid, si sente «sereno e tranquillo». E anzi rivendica la scelta di quel candidato, se di scelta si è trattato: «Il mio cavallo (Riva, ndr) è una persona che attualmente è tra le più finanziate in programmi europei di tutte le università». E ancora: «La costituzione stabilisce che le posizioni pubbliche devono essere affidate per concorso, ma vi dico francamente che se la nostra università vuole essere competitiva, in condizioni di servire effettivamente il Paese, credo indispensabile che vadano considerati questi aspetti». Secondo i pm che avevano chiesto la condanna a un anno e dieci mesi per l'infettivologo, Galli, uno dei volti simbolo durante l'emergenza Covid, fu il «regista dell'operazione» di quel concorso, dell'aprile del 2020.
Contro Galli ci sarebbero delle intercettazioni telefoniche che dimostrerebbero come il concorso sia stato «calibrato» dall'infettivologo sulle «pubblicazioni scientifiche» dell'assistente di Galli. In sostanza per la procura «una selezione vera in questo caso non c'è stata», ma i criteri valutativi sarebbero stati cuciti addosso ai candidati.
E anche Puoti non avrebbe fatto ricorso perché andare contro il professore, diventato una «star» durante l'emergenza coronavirus, sarebbe stato come andare «una macchina mediatica, contro Maradona degli anni 80». Sulla condanna, l'infettivologo ha annunciato che presenterà ricorso in appello.
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