Guerre commerciali, riscaldamento climatico, incertezze economiche, conflitti. È un mondo in tumulto quello che si presenta ai leader mondiali arrivati al Palazzo di Vetro di New York per la 74esima Assemblea Generale dell'Onu. E «tutti i principali argomenti sono legati a un denominatore comune, qual è la politica degli Usa», spiega un veterano della diplomazia americana come Jeffrey Feltman, ex capo degli affari politici delle Nazioni Unite. Ovviamente c'è grande attesa per il discorso che il presidente Donald Trump farà oggi dal palco dell'Assemblea, preceduto da quello del collega brasiliano Jair M. Bolsonaro, e seguito dall'egiziano Abdel Fattah Al Sisi e dal turco Recep Tayyip Erdogan. Al centro della girandola di incontri in programma c'è l'attacco del 14 settembre alle strutture petrolifere saudite: i funzionari americani dovrebbero presentare le presunte prove del fatto che Teheran sia responsabile del raid, e domani toccherà al presidente iraniano Hassan Rohani rispondere.
Rohani, come spiega il ministro degli Esteri Javad Zarif, proporrà una nuova «coalizione della speranza sotto l'ombrello delle Nazioni Unite», i cui «membri iniziali dovrebbero essere Iran, Iraq, Emirati, Qatar, Oman, Kuwait, Barahin, Arabia Saudita, ossia gli otto stati del Golfo Persico». «Possiamo iniziare a muovere accuse gli uni contro gli altri e uccidere questa proposta - chiosa Zarif - Volete guardare al futuro e cambiare le circostanze? L'offerta è sul tavolo, ed è molto importante». Il titolare della diplomazia della Repubblica Islamica ha poi «sconsigliato» l'invio di una missione navale nel Golfo a guida europea. «Crediamo che l'introduzione di qualsiasi forza nel Golfo Persico non porti sicurezza, ma esacerbi solo l'insicurezza - aggiunge al Giornale - In uno stretto specchio d'acqua con molte navi da guerra può succedere qualcosa. Incidenti, incidenti pianificati, sabotaggi». Mentre sulla possibilità di negoziati con Washington, afferma che lui e il segretario di stato Mike Pompeo devono «evitare la guerra»: «La guerra è un disastro, nessuno vince. Qualcuno perde, qualcuno perde di più, qualcuno perde tutto». «Bisogna mantenere viva la speranza, c'è spazio per la speranza», prosegue, precisando però che un «negoziato deve avere una ragione, portare a un risultato, non solo a una stretta di mano». «Quando si vuole rompere il ghiaccio forse ci si può prendere anche il rischio di una stretta di mano, ma io sei anni fa ho rotto il ghiaccio con gli Usa». Alla domanda se con l'addio di John Bolton ci saranno cambiamenti nelle relazioni con gli Usa, Zarif risponde: «Speriamo».
Sul fronte del Summit sul clima, dopo gli attacchi della 16enne svedese Greta Thunberg, che ha accusato i leader mondiali di aver «rubato i miei sogni e la mia infanzia», c'è stata una nuova sorpresa di Trump: il presidente doveva disertare il vertice, e invece si è presentato in sala mentre il premier indiano Narendra Modi stava per prendere la parola. Il tycoon non è intervenuto, ma ha presenziato per circa 15 minuti ascoltando anche il discorso della cancelliera tedesca Angela Merkel. E poi, sul tavolo ci sono le dispute commerciali, non solo la guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina, ma anche le tensioni tra Giappone e Sud Corea: il premier Shinzo Abe e il presidente Moon Jae-in non dovrebbero incontrarsi a margine dell'Assemblea Generale, e non è chiaro se Trump li spingerà a una conversazione a tre.
Al centro delle discussioni anche la situazione in Venezuela: 18 ministri degli Esteri dei paesi occidentali, Usa inclusi, si sono incontrati per capire come muoversi, probabilmente anche nel tentativo di convincere l'Unione Europea ad espandere le sanzioni economiche contro i lealisti di Maduro.
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