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Conte incassa la fiducia: alla Camera 343 "sì" tra tensioni e contestazioni

I giallorossi ottengono un'ampia maggioranza ma annotano defezioni nel Pd e nel M5s. E devono fare i conti con le tensioni in Aula (e fuori)

Conte incassa la fiducia: alla Camera 343 "sì" tra tensioni e contestazioni

Avrebbe dovuto dovuto filar via tutto liscio, tanto che le preoccupazioni sono (tuttora) concentrate sul voto di domani al Senato. Alla fine, però, a Montecitorio la fiducia passa tra le contestazioni (durissime) del centrodestra dentro e fuori dall'Aula. Con il premier Giuseppe Conte che, dopo una mattinata all'insegna della sobrietà, finisce per litigare con la Lega e con Fratelli d'Italia senza risparmiare risposte dai toni sin troppo accesi (video) a chi lo contesta in Aula. Alla fine di questa lunga giornata i giallorossi possono contare su un'ampia maggioranza (i 343 "sì" appartengono a Cinque Stelle, Partito democratico e Liberi e Uguali), ma devono anche fare i conti con un fortissimo malumore che non serpeggia solo tra i banchi delle opposizioni. All'appello mancano, infatti, anche i voti di due deputati dem e di tre grillini. Assenti ingiustificati che risultano marginali quando la differenza coi 263 voti contrari è tanto ampia, ma che crea maggiori tensioni al Senato, dove i numeri sono molto più risicati, e nel Paese, dove la maggioranza degli italiani avrebbe preferito andare a votare.

"Certo che sono soddisfatto". Mentre lascia il Transatlantico, Conte cerca di ostentare ottimismo. Oggi, in Aula, sono volate parole forti, anche insulti, che mostrano la spaccatura che è venuta a crearsi dopo che Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti hanno deciso di tentare la strada di una maggioranza alternativa a quella che fino a qualche settimana fa aveva governato il Paese. "Non c'è alcun onore nel vostro tradimento", scandisce Giorgia Meloni. Dai banchi della Lega, invece, piovono contro il premier accuse di ogni tipo. "Sei un venduto", urlano. In più di un'occasione il clima finisce per superare i livelli di guardia. C'è addirittura chi arriva a brandire le sedie. Fuori da Montecitorio il clima non è certo dei più distesi. Il presidio di Fratelli d'Italia, a cui aderiscono anche Matteo Salvini e il movimento di Giovanni Toti, porta in piazza 30mila persone. Un fiume di gente (gallery) che grida al tradimento della volontà popolare e invoca le urne.

Il livello di scontro testato oggi è la cartina da tornasole per presagire quanto accadrà nei prossimi mesi in Parlamento. Sebbene i Cinque Stelle e il Partito democratico provino a fare quadrato attorno al nuovo governo, l'opposizione di centrodestra è fortemente determinata a non fargliene passare una. Gli uomini di Salvini hanno già messo in chiaro che proveranno a "balcanizzare" i lavori delle Camere, facendo leva sulle unidici commissioni che presiedono. Tra queste quelle fondamentali del Bilancio a Montecitorio e delle Finanze a Palazzo Madama. Certo, la neonata maggioranza giallorossa ha dalla sua un'ampia schiera di deputati pronti a sostenerla. La fiducia si attesta a quota 343. A favore votano, oltre a dem, grillini e Liberi e Uguali, anche i tre parlamentari di +Europa e quattro di Civica popolare. Domani Conte dovrebbe superare, senza alcun problema, anche lo scoglio al Senato. I voti a favore dovrebbe attestarsi tra i 168 voti e i 171 (gli stessi incassati quattordici mesi fa dai gialloverdi).

A suo dire le elezioni anticipate "sarebbero state da irresponsabili", ma le promesse elencate oggi non solo svelano la fragilità dell'intesa tra dem e grillini ma anche il vero volto di un accordo fondato solo sulla spartizione delle poltrone.

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