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"La Corte dei conti sbaglia. Agisce come un sindacato"

Il costituzionalista: "I giudici tutelano il loro potere. L'esecutivo ha ragione, non c'è negoziato da fare"

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Sabino Cassese, presidente emerito della Corte costituzionale non ha dubbi da che parte stare nella diatriba tra governo e Corte dei Conti.

Professore, lei ha detto che il governo ha «completamente ragione» nel limitare il controllo preventivo dei magistrati contabili, eppure sembra di essere allo scontro istituzionale.

«Non è un scontro istituzionale, perché, con la proposta del governo, da un lato, viene data attuazione alla Costituzione, dall'altra si segue un orientamento più volte espresso da tutta la cultura amministrativa italiana. La Costituzione dice che la Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del governo e quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato e che riferisce direttamente alle Camere sul risultato del riscontro eseguito. Non parla di controllo concomitante e non prevede un controllo preventivo a tappeto, ma solo sugli atti del governo. Quanto alla cultura amministrativa basterebbe leggere le pagine di un grande burocrate del secolo scorso, Carlo Petrocchi».

Per lei il problema è che «le grandi corporazioni dello Stato», come le chiama, si fanno rappresentare da associazioni che agiscono come i sindacati?

«Sono stato colpito dall'espressione dell'associazione magistrati della Corte dei Conti che, lamentando una limitazione delle competenze della Corte, chiedeva un tavolo di confronto. La Corte dei conti e i suoi magistrati, che credevamo un grande corpo dello Stato, si comportano come dei sindacati e negoziano con il governo?».

Si può dire che per la Corte dei conti mantenere controlli preventivi e concomitanti, in questo caso sul Pnrr, è difendere il proprio potere e i propri interessi?

«Il modo in cui hanno agito negli ultimi giorni gli organi di vertice della Corte, singoli componenti e l'associazione dei magistrati, sembrerebbe confermare l'ipotesi».

Il presidente della Corte dei Conti Carlino parla di errore grave, sostenendo che i controlli accelerano e non ritardano l'iter dei progetti.

«Basterebbe che i componenti leggessero le relazioni presentate al congresso della stessa Corte dei conti per il 130º anniversario della sua istituzione, a Milano l'11- 12 dicembre 1992 su sistema dei controlli e riforma della costituzione. Lì fu ricordato che Carlo Petrocchi aveva scritto nel 1944, in un libro intitolato Il problema della burocrazia, che i controlli formalistici e minuti sono delle ragnatele che servono per irretire i moscerini, non gli avvoltoi».

È d'accordo con un altro presidente emerito della Consulta, Cesare Mirabelli, quando dice che i magistrati contabili non vengono espropriati delle loro funzioni se mantengono i controlli sulle opere realizzate?

«Non so perché si parli di espropriazione. La Corte dei conti continuerà a svolgere i propri controlli, come previsto dalla Costituzione e dalle leggi, e come ha fatto anche a marzo, nel presentare al Parlamento una relazione sul controllo consuntivo svolto sul Pnrr».

Perché per andare in profondità servono controlli a campione e non a tappeto?

«Le do qualche cifra: nel 1990 in Italia sono state operate 100 milioni di operazioni di controllo. Che nello stesso anno la Corte dei conti ne fece 5 milioni. Che questi controlli assorbirono tra il 3 e il 5% dell'attività lavorativa del totale del pubblico impiego.

Che essi furono inefficaci, come dimostrato da 110 mila ricorsi a giudici amministrativi e contabili, metà dei quali bocciati».

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