La Russia deve «sospendere immediatamente l'operazione militare avviata il 24 febbraio sul territorio dell'Ucraina». Puntuale, è arrivato ieri il primo verdetto internazionale sull'attacco all'Ucraina, quello Corte di Giustizia dell'Aia.
Ed è un verdetto che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky può rivendicare come «una vittoria completa», un «ordine di fermare immediatamente l'invasione», uno stop che la Russia «deve rispettare immediatamente.
Pronunciandosi sull'istanza del governo di Kiev, che aveva chiesto una delibera urgente sulle accuse moscoviti riguardo a presunti, asseriti crimini di genocidio commessi nelle regioni di Luhansk e Donetsk, il verdetto letto dal presidente della Corte Joan Donoghue ha dato ragione all'Ucraina, intimando alle due parti di «astenersi da atti che rischino di aggravare la controversia» su cui la Corte è stata chiamata a deliberare «o di renderne la soluzione più difficile».
Contro, hanno votato il giudice russo e quello cinese. La presidente si è rammaricata che la Russia non abbia partecipato alle udienze precedenti e ha stabilito che - al contrario di quanto sostenuto da Mosca - la Corte ha «giurisdizione» per decidere sul caso in base alla Convenzione Onu sul genocidio.
Accanto a questa Corte Onu che dirime controversie fra Stati, resta aperto anche un altro canale, e molti stanno cercando di attivarlo, o meglio di riattivarlo. È il Tribunale penale internazionale e Zelensky ieri ha fatto sapere di aver parlato con il procuratore». «È già in Ucraina, ha già iniziato a lavorare». Questa è una strada su cui molti si stanno mobilitando, a tutti i livelli, e in modo trasversale rispetto ai confini nazionali e agli schieramenti politici. Singoli cittadini, partiti (come i Radicali Italiani), associazioni.
«La sentenza di ieri è un primo segnale positivo» commenta Guido Camera, avvocato e presidente di ItaliaStatodidiritto, una associazione di giuristi, avvocati, professori ed ex magistrati, che ha preso un'iniziativa in materia. «La Corte - spiega - è una sorta di arbitro, mentre questa altra strada porta invece al giudizio su responsabilità penali individuali per fatti gravissimi».
L'Italia ha aderito all'iniziativa per «denunciare» l'attacco all'Ucraina al Tribunale penale internazionale, ha spiegato ieri alla Camera il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Il giorno prima, la Spagna si era unita ad altri 38 Paesi nel chiedere un'indagine su possibili crimini commessi dalla Russia in Ucraina.
«Alla Corte - spiega Camera - aderiscono 140 Paesi, è un giudice precostituito per crimini di guerra e contro l'umanità e funziona con i principi e le garanzie del diritto penale». «La Corte si era già messa in moto dal 2014 per l'Ucraina e nel dicembre 2020 il procuratore ha annunciato di aver chiuso la prima istruttoria, da cui risultano elementi per l'investigazione formale. Da febbraio è stata attivata una procedura anche sui nuovi fatti». Per i fatti fino al 2014, il mandato potrebbe essere a portata di mano. Gli «imputati» non ci sono ancora, ma la Corte ha ravvisato prove di crimini commessi.
«L'Ucraina ha accettato la giurisdizione - aggiunge il presidente - la Russia no». «Noi stiamo valutando di scrivere al procuratore dell'Aia per invitarlo a fare di tutto per far sì che sui fatti dal 2013 in poi un processo si celebri al più presto».
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