Economia e finanza

Così il "ciclone" Vestager ha rallentato la crescita Ue

Non ha solo disastrato le banche italiane, l'ex commissaria ha attaccato (a vuoto) aziende e interi settori

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«Non eletta, inaffidabile e fuori controllo: ella simboleggia tutto ciò che non funziona nell'Unione europea». Così Matthew Lynn, editorialista di Bloomberg in un articolo pubblicato su Moneyweek, aveva sintetizzato le virtù di Margrethe Vestager, la commissaria danese alla Concorrenza che ora è in pole position per il ruolo di presidente della Banca europea per gli investimenti.

E pensare che i tre epiteti non hanno nessun riferimento ai danni che la politica danese ha causato all'Italia impedendo l'utilizzo del Fondo interbancario di tutela dei depositi per i salvataggi bancari (stop poi ribaltato da due sentenze comunitarie) e ritardando il via libera all'acquisizione del 41% di Ita Airways da parte di Lufthansa. Vestager è «non eletta» perché il suo arrivo a Bruxelles è figlio di un accordo politico di maggioranza a Copenaghen tra il partito socialista che nel 2014 governava e approfittò delle Europee per scaricare a Palazzo Berlaymont l'ingombrante vicepremier. Dunque, nessun elettore l'ha votata almeno perché sedesse in Parlamento a Bruxelles.

È «inaffidabile» perché molto spesso ha confuso il proprio ruolo di commissario Antitrust con quello di ottimizzatore delle regole fiscali dei vari Paesi. Oltre ad aver perseguito Fiat Chrysler in Lussemburgo (anche lì una causa persa; ndr), si ricordano le sue intemerate contro le big tech Usa: impose ad Apple di restituire 13 miliardi di benefici fiscali in Irlanda e ha poi ingaggiato una lotta contro Google multandola per 8 miliardi. Decisioni quasi tutte ribaltate tranne una sanzione da 2 miliardi al motore di ricerca per abuso di posizione dominante nei suggerimenti per lo shopping. Una posizione che le ha alienato le simpatie della Silicon Valley e delle amministrazioni americane (in primis quella di Trump ma anche con Biden il feeling non è altissimo) e che difficilmente le consentirà di aspirare a consessi internazionali come la Nato.

Vestager è «fuori controllo». Se la sua furia iconoclasta contro i colossi e contro qualsiasi tipo di concentrazione le ha guadagnato i favori di tutto il milieu benpensante e radical chic che a Bruxelles (ma anche a Milano e Roma) è di casa, non si può dire che tale strategia si sia rivelata efficace. Partiamo dalla bocciatura della fusione Alstom-Siemens che avrebbe creato un gigante europeo della produzione di materiale rotabile in grado di competere con la Cina, passiamo per Ita-Lufthansa e finiamo con la bocciatura del salvataggio Tercas che ha di fatto provocato una serie di collassi nel sistema bancario italiano. Accade quando un potere ha pochi contrappesi se non quello giudiziario.

Ora, considerato che la Bei finanzia i progetti di sviluppo italiani ogni anno per 10 miliardi di euro, vale la pena chiedersi se Vestager sia la persona giusta al posto giusto.

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