Così il governo poteva evitare la strage dei treni in Puglia

L'esperto di fondi Ue: in caso di cantieri fermi il premier può subentrare alla Regione. Rinunciando a 21 milioni

Così il governo poteva evitare la strage dei treni in Puglia

Roma - I ritardi nei lavori per mettere in sicurezza la ferrovia del Nord Barese gestita da Ferrotramviaria potevano essere superati d'imperio dal governo Renzi, prima che l'inadeguatezza della linea - binario unico e assenza del controllo automatico Scmt - sfociasse nel tragico schianto dello scorso 12 luglio, costato la vita a 23 passeggeri.

Come è noto la Regione Puglia, in quanto soggetto programmatore, aveva affidato 378 milioni di euro di fondi europei Fesr 2007-2013 alla Ferrotramviaria, come soggetto attuatore, per realizzare 22 progetti. Tra questi c'erano l'adeguamento della Bari-Barletta (a cui erano destinati 180 milioni) e il raddoppio del binario tra Ruvo e Corato (31,3 milioni stanziati). Solo che alla scadenza del programma, il 31 dicembre 2015, termine ultimo per la certificazione della spesa secondo le regole europee, dei 180 milioni destinati all'adeguamento ne erano stati spesi solo 3,2 (perdendo così la possibilità del rimborso della quota Fesr, pari a 122,4 milioni), e dei 31,3 milioni di euro per il raddoppio della tratta ne erano stati spesi solo 13,2, dicendo addio alla quota europea pari a 21,2 milioni di euro. In che modo l'esecutivo di Matteo Renzi avrebbe potuto superare lentezze e ritardi lo spiega al Giornale Andrea Del Monaco, esperto in fondi europei. «La chiave è nell'articolo 12 della legge di conversione del decreto Sblocca Italia», dice Del Monaco. «In caso di inerzia, ritardo o inadempimento delle amministrazioni responsabili dei programmi cofinanziati dai fondi Ue - prosegue l'esperto - Renzi poteva esercitare i poteri sostitutivi». Il premier di fronte ai lavori incagliati «avrebbe potuto sostituirsi alla Regione o al soggetto attuatore - la Ferrotramviaria - sbloccando rapidamente il tutto», chiosa Del Monaco. Invece non l'ha fatto, il binario non è stato raddoppiato, sul binario unico non è stato messo il blocco automatico, i fondi sono andati perduti (per recuperarli, spiega del Monaco, dopo la scadenza del termine del 31 dicembre scorso, «dovrebbe anticiparli la Regione e chiudere i lavori entro marzo 2019. Ma la Regione stessa lo considera impossibile e ha deciso di rifinanziare i progetti con le risorse nel nuovo ciclo 2014-20») e i due treni si sono schiantati.

Anche sulle responsabilità politiche scava un filoniedell'indagine affidata al pool di magistrati della procura di Trani, dimezzata dopo le astensioni dei pm Simona Merra (in seguito alla pubblicazione delle foto in compagnia del legale di un capostazione indagato) e Antonio Savasta e del vicario e coordinatore, Luigi Scimé. Il filone «politico» è affidato al pm Michele Ruggiero, che ieri, come presidente dell'Anm di Trani, è tornato sulla polemica delle foto e sugli esposti al Csm sulle toghe tranesi, richiamando i magistrati alla rigorosa osservanza dei «doveri di riservatezza e di sobrietà» in «qualunque contesto pubblico o mediatico», chiedendo poi al Csm «un pronto e rigoroso accertamento».

Intanto sulla ferrovia i treni Ferrotramviaria continuano a viaggiare affidandosi al blocco telefonico, pur se «implementato» dal 18 luglio, spiega l'ufficio del Mit delegato ai controlli, l'Ustif, «con un miglioramento della metodologia di controllo degli incroci dei treni in

stazione e con monitoraggio da parte di altro personale ferroviario». Per il blocco automatico, che avrebbe salvato 23 vite, tocca aspettare. Entro il 2016 per la tratta Bari-Ruvo. Qualche mese in più per il resto del tragitto.

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