"Così Lotta Continua era finanziata dalla Cia". L'ipotesi che spunta da documenti top secret

La tesi dell'avvocato Cimatti: "Gli Usa volevano infiltrarsi nell'ultrasinistra per indebolire il Pci"

"Così Lotta Continua era finanziata dalla Cia". L'ipotesi che spunta da documenti top secret

«Attraverso dei prestanome la Cia finanziava le pubblicazioni del periodico Lotta Continua, entrando così in possesso di una vera miniera di informazioni, riferimenti organizzativi, nominativi e progetti di azioni ed operazioni non del tutto lecite». È questa la tesi choc di una serie di documenti desecretati, scovati dall'avvocato romano Ivano Cimatti. Sono talmente tanti che ha intenzione di farci un libro.

Sappiamo che nell'estate del 1969 una parte consistente di Potere Operaio, abbandonata l'organizzazione, fondò un autonomo movimento che prese il nome di Lotta Continua. Molti di coloro che aderirono al movimento nei decenni successivi diventeranno classe dirigente della sinistra intellettuale e del giornalismo, da Gad Lerner a Erri De Luca, da Paolo Liguori ad Adriano Sofri, condannato per l'omicidio del commissario di polizia Luigi Calabresi.

Il legale, guidato dal mantra di Giovanni Falcone follow the money, è partito da un rapporto dell'Inps che ha provato a ricostruire l'enorme buco di bilancio lasciato dalla rivista ed è arrivato alla procedura di fallimento della società cooperativa che pubblicava il periodico fino al 9 settembre 1982, il cui curatore - altra stranezza - era l'ex direttore generale della divisione Ragioneria del ministero del Tesoro Francesco Crupi, tessera numero 300 della lista P2. Possibile? Sì, guardando i documenti ufficiali che pubblichiamo in esclusiva, per gentile concessione dell'autore. Crupi, peraltro, non avrebbe avuto titolo perché privo dei requisiti richiesti all'epoca, non aveva alcuna esperienza in materia fallimentare e non aveva mai diretto società di capitali. Eppure nessuno di Lotta Continua, almeno ufficialmente, obiettò alcunché. Alla fine il debito accertato, all'esito degli accertamenti ammontò a 6.310.569.693 di lire a fronte di un attivo di 110.517.064.

Nel 1984 a presentare un'offerta (ritenuta congrua da Crupi) alla fallita cooperativa sulle apparecchiature tipografiche fu un tipografo americano di Atlanta, tale Durelle Boles, ex agente dell'intelligence americana. Come avrà fatto a scovare l'annuncio per partecipare al bando, pubblicato da un piccolo giornale a tiratura locale, e quanto sarebbe costato portarle negli Usa, resta un mistero. Come l'offerta da 16 milioni tramite la Bnl, banca indebitata con Lotta Continua legata al Psi e creditrice chirografaria (semplice, non privilegiata) di 102 milioni. Molto probabilmente gli assegni arrivavano dalla stessa filiale di Atlanta finita nei guai negli anni Novanta per aver finanziato l'Iran e Saddam Hussein. E i macchinari erano in uso alla Tipografia XV giugno, eteroguidata da un personaggio legatissimo al governo americano.

La tesi di Cimatti è che dietro una banale relazione commerciale fra due soggetti per nulla riconducibili all'agenzia governativa americana c'era una strategia precisa, disvelata qualche anno fa dal famosissimo diplomatico americano Thomas Fina: a partire dal 1968 la Cia in Italia ha finanziato giornalisti, periodici e programmi radiofonici mediante il trasferimento di diversi uomini in Italia, chi «mascherato» da semplice imprenditore, chi come cronista («ci si può muovere e fare domande», disse David Atlee Phillips, agente Cia e giornalista in Cile dal 1948 al 1954). Nell'ottobre del 1964 il servizio segreto americano redasse un Memorandum nel quale venne rilevato che il Pci, in dieci anni, avesse perso oltre 500 mila iscritti e che la Federazione giovanile Comunista Italiana (Fgci) s'era ridotta a poco più di 125mila con un calo di oltre 350mila iscritti. Nel biennio 1969-70, in coincidenza con la più ampia mobilitazione giovanile dell'Italia repubblicana, la Fgci subì un vero e proprio crollo: meno di 70mila iscritti in entrambi gli anni Eccolo, il tallone d'Achille del movimento politico più pericoloso nell'Europa occidentale: un partito di anziani senza appeal per i più giovani. Per sconfiggere il pericolo comunista era necessario infiltrarsi nei nascenti movimenti della estrema sinistra. Secondo la ricostruzione di Cimatti l'ufficiale pagatore della Cia dell'azione clandestina era un ex agente dell'Oss, tale Mark Wyatt, fino al 1973 ufficiale di collegamento fra la Cia, l'organizzazione paramilitare Gladio, Sifar e Sid, i servizi segreti militari italiani: «Quella italiana è stata una delle più grosse e dispendiose della Cia ma anche quella maggiormente riuscita», avrebbe detto una volta Wyatt. Già nel 1978, va detto, l'allora managing director del periodico in lingua inglese Rome Daily American Robert Hugh Cunningham (ex veterano pluripremiato della seconda guerra mondiale) ammise a Panorama che il suo giornale allora fallito era di proprietà della Cia e una diretta emanazione della ambasciata Usa. E proprio dalle ceneri del Daily che suo figlio Robert Cunningham jr diventerà «editore» di Lotta Continua, con denari (tanti) e un'azienda ceduta in parte al movimento antagonista, che utilizzò la sede della tipografia in Via Dandolo 10 della società Dapco (fondata il 27 giugno 1968), poi XV Giugno, come redazione del proprio giornale e come sede nazionale dell'organizzazione stessa, sebbene la sinistra extraparlamentare la considerasse già allora un avamposto Cia, come dimostra un attentato contro la Dapco, colpevole di aver stampato anche riviste neofasciste tipo L'Assalto. Nello stesso palazzo c'era la redazione dell'Umanità, organo Psdi dell'ex capo dello Stato Giuseppe Saragat, partito più a destra del pentapartito.

E sì che finanziare un giornale che stampava anche 50mila copie ci volevano tantissime risorse, tanto che pur di uscire gli stessi militanti ammisero al dicastero che finanziava le pubblicazioni di aver tenuto un comportamento antisindacale, bypassando uno sciopero. Quanti soldi servivano? I calcoli li avevano fatti al tempo i servizi segreti: un milione al giorno solo per giornalisti, stampa e distribuzione, escluse le 152 sedi in giro per l'Italia, pranzi, cene, ristoranti, convegni, manifestazioni, viaggi. Tanti, tantissimi soldi di cui Cimatti ricostruisce, in parte, i vorticosi giri.

Non può essere un caso se l'organizzazione guidata da Adriano Sofri era il gruppo extraparlamentare più citato nelle informative della Dar, la Divisione affari generali e riservati della Direzione generale della pubblica sicurezza. Né che a via Dandolo, al civico 6, si parcheggiasse tutti i giorni la macchina di Antonio Marini, un brigatista rosso indirettamente coinvolto nel rapimento dell'onorevole Aldo Moro e collaboratore del prestanome della tipografia delle Brigate Rosse (Enrico Triaca) di Via Pio Foà, 31. Perché anche in quei maledetti giorni del blitz in via Caetani avesse parcheggiato a 4 km dalla tipografia delle Br e a 6 km dal covo di via Palombini nessuno lo ha mai capito. Sui bilanci di Lotta Continua è buio pesto, colpa del furto dell'autovettura dell'allora amministratore Paolo Cesari, nella quale era stata stipata la contabilità societaria.

Ma leggendo il rapporto Inps sul fallimento che il Giornale ha consultato si capisce come, al tempo, secondo i funzionari molti dei compensi ai giornalisti fossero gonfiati. Di tutte le stranezze, conoscendo chi fa questo mestieraccio, questa è la più comprensibile.

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