Per punire i banchieri che sbagliano è meglio far pagare loro una multa salata o esporli alla pubblica gogna lasciando però al governo la discrezionalità di decidere il «se», il «come» e il «quanto»? Il dibattito deve avere infiammato gli esperti di Palazzo Chigi che hanno messo a punto lo schema del decreto legislativo (l'atto numero 255 che recepisce le direttive comunitarie sul tema) oggi in discussione alla Commissione Finanze della Camera.
Il testo sottoposto al parere del Parlamento prevede che Consob e Banca d'Italia, nel decidere l'entità delle multe, valutino anche il profilo soggettivo di chi ha commesso la violazione. In altre parole, i due organi di vigilanza rischiano di essere trasformati in una sorta di tribunale. Non solo. Il decreto introduce nel nostro ordinamento, nei casi di particolare «lievità» (ovvero in caso di violazioni non gravi), la possibilità per Consob e Bankitalia di non irrogare sanzioni pecuniarie ma imporre agli amministratori che hanno violato le regole di fare una «dichiarazione pubblica». Ovvero di esporsi alla «gogna» mediatica pagando una multa in termini di reputazione. Nei paesi anglosassoni è frequente il ricorso da parte del fisco ai meccanismi cosiddetti di «name&shame degli evasori», lo «stigma sociale». In Irlanda, con cadenza trimestrale, vengono pubblicati «i nomi dei soggetti sanzionati in via definitiva per violazioni fiscali». Nel Regno Unito si pubblicano i nomi di chi ha evaso più di 25mila sterline (35mila euro circa) e i «profili, anche fotografici, dei soggetti ricercati per evasioni accertate di ingente importo, cui viene dato ampio risalto mediatico».
Ma come verrebbe applicato il sistema in Italia? I relatori della legge ieri hanno depositato una proposta di parere in cui tolgono alle due autorità di Vigilanza la valutazione del profilo soggettivo nei casi di dolo, colpa e colpa grave. Lasciando però la sanzione della dichiarazione pubblica alternativa a quella pecuniaria. Ma attenzione, nel parere si legge: «valuti il governo l'opportunità di definire criteri in base ai quali valutare il carattere di scarsa offensività o pericolosità della violazione; valuti inoltre il governo l'opportunità di assicurare la massima pubblicità possibile, su tutti i mezzi di comunicazione di massa, alla sanzione della dichiarazione pubblica, al fine di garantire l'effettività della sanzione stessa, la quale si fonda sul vulnus reputazionale che la pubblicazione determina in capo al soggetto sanzionato».
Il criterio di proporzionalità della sanzione deve essere valutato dal legislatore e poiché ormai il governo legifera per circa l'80% (in base agli ultimi dati di Openpolis), è il governo che decide. In questo caso, fanno però notare alcuni esperti di diritto, avrebbe dovuto lasciar valutare alle autorità di controllo la valutazione del livello di offensività e, quindi, la proporzionalità. Il rischio è infatti quello di ritrovarsi con una legge inapplicabile.
Lo «scudo» per i banchieri è intanto finito nel mirino dei deputati di Alternativa Libera-Possibile, Tancredi Turco e Luca Pastorino che ricordano come la sanzione della dichiarazione pubblica per i banchieri già esista nel nostro ordinamento, visto che l'irrogazione della pena pecuniaria è pubblicata nei bollettini delle autorità di vigilanza, «ma il governo ha deciso di consentire ai vertici degli istituti di credito di salvarsi anche dalle multe».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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