
Il mistero, o meglio l'intrigo, si concretizza il 5 giugno 1946. La sera del 4 giugno, come conferma un brano inedito del diario di Maria José, i Savoia sono convinti di aver vinto il referendum. «Il 4 giugno - scrive la regina - mi recai a cena a casa Orsi in compagnia del Presidente della Croce Rossa, era presente anche il ministro Corbino. Verso la mezzanotte e mezza del 5 giugno egli ricevette una telefonata dal ministero: la monarchia si attestava al 57 per cento e mancavano solo i voti delle isole».
Pareva fatta, insomma, o almeno questo era il clima alla corte di re Umberto. Poi la mattina del 5 giugno, ecco il cambio di paradigma: è la Repubblica ad essere in vantaggio, anche se lo spoglio delle schede procede con una lentezza esasperante. Anche Sofia Jaccarino, dama di corte, conferma nei suoi ricordi, mai letti finora, quella virata inspiegabile e si dà una risposta perentoria: «Vidi Re Umberto al Quirinale il 5 giugno al mattino, erano le 10.30. Da poco Romita ( Giuseppe Romita, ministro dell'Interno, ndr) aveva comunicato il cambio di vantaggio a favore della Repubblica. Il Re mi disse: Ma sai, i Russi sono alla frontiera. Lo trattarono da prigioniero nel suo stesso palazzo. Aveva deciso di restare. Fu spinto all'esilio».
Insomma, a mettere insieme sospetti e retropensieri, ma anche qualche indizio, la Repubblica fu battezzata nel peccato originale di un voto non proprio limpidissimo.
Sono passati settantanove anni e certo nessuno vuole tornare indietro, ma gli studi su quel che accadde in quei giorni concitati e drammatici accendono nuove perplessità. La frontiera cui accennava Umberto era ovviamente quella di Trieste e già questo dato lascia intendere la complessità del contesto internazionale e dunque le possibili spinte e controspinte di quelle interminabili settimane. Per i Savoia, a mano a mano che emergono le testimonianze dei protagonisti, era chiaro che la vittoria era arrivata ma venne portata via, forse per non compromettere delicati equilibri interni e internazionali.
Anche Vittorio Emanuele accredita la versione della moglie di Umberto: «Fu mia madre Maria José a dirmi come andarono le cose. La vittoria della monarchia era certa, mi disse che brindò al risultato assieme governatore della Banca d'Italia, al ministro Corbino e al Presidente della Croce Rossa nel mattino del 5 giugno a casa Orsi. Non immaginavano che accadesse quel che poi è accaduto».
I risultati furono capovolti e per i Savoia fu la fine. Che cosa successe? Un milione e mezzo di schede furono oggetto di contestazione, ma le verifiche furono rapide e superficiali. Ci furono anche segnalazioni di brogli in molte sezioni del Sud e questo alimenta una contronarrazione, opposta alla versione ufficiale. «La leggenda - spiega Filippo Bruno di Tornaforte, presidente del Centro Studi per la Real Casa che sta lavorando a un libro sul tema - dice che furono i voti del Nord a cambiare la situazione.
In realtà le schede che mancavano erano quelle del Sud, tradizionalmente monarchico, e dunque questo rende ancora più sospetto il risultato finale che a quel punto nessuno si attendeva».Il 13 giugno Umberto partiva per il Portogallo e l'esilio da cui non sarebbe mai più tornato.