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"Digiuno per la giustizia con cappuccini e succhi. Più voce ai referendum"

La battaglia dell'esponente radicale: "Finora solo la Casellati ha risposto ai nostri appelli"

"Digiuno per la giustizia con cappuccini e succhi. Più voce ai referendum"

Irene Testa, pasionaria del Partito Radicale sulla giustizia, a tutto campo sul referendum.

Continua la vostra battaglia per sollecitare le istituzioni?

«Una lettera è stata inviata al presidente Sergio Mattarella, che non ha ancora risposto. Ma era stata inoltrata pure ai presidenti di Camera e Senato. A parte la missiva della Casellati, non è successo nulla a livello istituzionale».

Lo sciopero della fame ha avuto degli effetti?

«Sono centoventi le persone che hanno aderito in breve tempo. Per la prima volta nella storia, un vicepresidente del Senato sta scioperando per chiedere che venga rispettato il diritto a conoscere. Calderoli ha messo in atto una lotta non-violenta per il diritto alla conoscenza».

Come sta andando il digiuno?

«Non mangiamo. Beviamo tre cappuccini al giorno. Io poi, non bevendo il latte, prendo i succhi di frutta. Dal punto di vista fisico per ora sto bene e vado avanti. Ne ho fatti diversi di scioperi della fame, compreso uno di cinquanta giorni per le carceri. Sono i primi tre giorni ad essere quelli più duri. Poi la fame non si sente più».

La Rai non concede spazi?

«Chiediamo che termini il silenzio sul referendum. La Littizzetto ha potuto parlarne in un programma che ha uno share considerevole, peraltro nell'ultima puntata di Che Tempo Che Fa: domandiamo che il medesimo spazio, nella stessa fascia oraria, venga concesso a noi promotori. Rai3 dovrebbe compensare con un contraddittorio».

Il tema più rilevante per voi è la custodia cautelare?

«Non ci sono quesiti più importanti di altri. Certo, le persone in custodia cautelare, al momento, sono più di trentamila e oltre la metà di queste verrà poi riconosciuta innocente. È normale che ci si facciano domande sulla sussistenza di un abuso della carcerazione preventiva».

I contrari alla separazione della carriere parlano di Pm che diventerebbero «sceriffi».

«I Pm, nel nostro Paese, hanno già un potere assoluto: è l'unico potere nel nostro ordinamento a non essere sottoposto a controlli. Forse è l'unico al mondo. Ha il potere immenso di dirigere la polizia giudiziaria».

Sul Csm: il convitato di pietra restano le correnti.

«I magistrati onesti esistono e, con ogni probabilità, non facendo parte delle correnti, non sostengono l'altra parte di magistratura che non ha la capacità di autoriformarsi dall'interno e che protesta. Il giudice non dovrebbe contestare le leggi ma applicarle. In questo caso, parliamo di associazioni private che si propongono come contropotere, sfidando il Parlamento, che è la sede delle libertà democratiche. In democrazia un potere dev'essere temperato da un altro potere. Altrimenti diventa una tirannia. Un po' quello che sta accadendo con la magistratura».

Sullo stop alla Severino?

«Ne Il fatto non sussiste racconto storie d'innocenti. Tra queste, molte sono di amministratori che sono stati costretti a dimettersi. Persone che fanno parte di tutti gli schieramenti, compresi il Pd e il M5S, che finiscono nel tritacarne della Giustizia e sui giornali perché accusati di chissà quale reato. Dietro a queste storie, oltre alle carriere rovinate, si nascondono i drammi familiari. La stessa Severino ha detto che era necessario rimettere mano alla sua legge».

Poi c'è l'«equa valutazione», ma la responsabilità civile non è passata.

«Nel 1986, la responsabilità civile era passata. Lo stesso quesito che abbiamo ripresentato, che però ai tempi era stato ammesso dalla Corte. Il Parlamento ha tradito quel quesito con la legge Vassalli, che ha previsto che a pagare fosse lo Stato.

Adesso, forse, non sapevano cosa inventarsi».

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