Guerra in Ucraina

Donbass, la farsa non ferma i razzi Usa

Il sì ai referendum al 95%, annessione a breve. Washington: avanti con gli Himars

Donbass, la farsa non ferma i razzi Usa

I referendum burla voluti dai russi per «papparsi» i territori dell'Est dell'Ucraina sono terminati ieri. Qualche giorno per conteggiare i voti estorti con le buone o con le cattive ai cittadini del Luhansk, del Donetsk, di Kherson e di Zaporizhzhia e poi, forse già dopodomani, il 30 settembre nel messaggio a entrambe le Camere del Parlamento russo, il presidente Vladimir Putin annuncerà l'adesione dei territori russi occupati dell'Ucraina alla Russia. Poi il 4 ottobre il Parlamento di Mosca potrebbe votare l'annessione.

Ieri sono filtrati i primi numeri del voto, per quel che valgono. Secondo Mosca in tutti e quattro i territori «l'affluenza alle urne ha superato il 50 per cento» e quindi le consultazioni sono valide. A lunedì sera le percentuali erano nel Donetsk dell'86,89 per cento degli elettori, dell'83,61 nel Luhansk, del 66,43 a Zaporizhzhia e del 63,58 a Kherson. Numeri destinati a crescere dopo la giornata di ieri, con i seggi aperti dalle 8 alle 16 locali. Poi l'inizio dello spoglio. Secondo i primi dati il 95 per cento dei votanti si sarebbe espresso a favore dell'annessione. Le quattro regioni ucraine dovrebbero entrare a far parte del nuovo distretto federale della Crimea, con cui confina l'oblast di Kherson.

Mosca sembra ignorare le proteste di Kiev, che continua a gridare all'illegittimità e al colpo di stato. «L'esito del voto non cambierà nulla nella nostra politica, nella nostra diplomazia e nella nostra condotta sul campo di battaglia», garantisce il ministro degli Esteri di Kiev Dmytro Kuleba. E Kiev ha il sostegno dei suoi alleati. «I referendum fasulli indetti dalla Russia non hanno alcuna legittimità e sono una palese violazione del diritto internazionale, queste terre sono dell'Ucraina», twitta il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. Di certo le mire russe sul territorio dell'Ucraina orientale non fermano la fornitura americana di missili Himars a Kiev e il loro uso da parte dell'esercito ucraino sui territori occupati.

Ma Mosca ha anche un fronte interno incandescente: la resistenza alla mobilitazione «parziale» dichiarata qualche giorno fa. Le proteste in piazza hanno portato, secondo l'Alto Commissario dell'Onu per i diritti umani, all'arresto di 2.377 manifestanti arrestati, non sui sa quanti ancora in detenzione. E da giorni vanno avanti le fughe di cittadini arruolabili: secondo Frontex dal 19 al 25 settembre 66mila russi sono entrati nell'Ue (+30 per cento rispetto alla settimana precedente). Le frontiere più calde sono quelle con Finlandia ed Estonia, ma ieri immagini satellitari mostravano una coda di russi lunga oltre 16 km lungo il confine con la Georgia. Il governo di Tblisi parla di 10mila accessi al giorno. Il Guardian riferisce di un boom di richieste di posti su jet privati in partenza da Mosca con destinazione in Armenia, Turchia e Azerbaigian: tariffa dai 20 alle 25mila sterline. Gli Stati Uniti vogliono concedere asilo ai russi in fuga dalla «guerra impopolare» decisa dal Cremlino», dice la portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre. Il ministero della Difesa di Mosca ha chiarito che non chiederà l'estradizione dei «disertori» ai Paesi in cui sono fuggiti. Meglio affidarsi all'ineffabile patriarca Kirill e alle sue omelie: quella di ieri invitava a una «mobilitazione spirituale», che «certamente condurrà alla riconciliazione tra Russia e Ucraina».

Non proprio allo spirito fa riferimento l'ex presidente Dmitry Medvedev: «La Russia ha il diritto di utilizzare armi nucleari, se necessario, in base alla dottrina nucleare».

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