Il dossier che incastra l'Oms: "Ecco tutti gli errori su Ebola"

L'organizzazione che doveva vigilare sul virus ammette (parzialmente) le sue colpe: "Tra noi troppi incompetenti"

In giallo, l'infermiera contagiata da ebola; a destra l'uomo senza protezioni
In giallo, l'infermiera contagiata da ebola; a destra l'uomo senza protezioni

Dell'Ebola hanno capito poco o nulla. Tutta colpa di «staff incompetente, burocrazia ignorante e mancanza di informazioni affidabili». Sono questi alcuni dei motivi alla base della risposta «inadeguata» dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) al virus dell'Ebola in Africa.

Situazione gravissima, considerato che l'Oms è (era?) considerata la massima autorità delle Nazioni Unite in tema di tutela della salute pubblica. E invece i super esperti che avrebbero dovuto prevenire l'epidemia in prima battuta e arginarla in seconda battuta, hanno fallito su entrambi i fronti. Tanto che ora promettono: «A crisi finita faremo mea culpa...». Come sarebbe «a crisi finita»? Il «mea culpa» va fatto subito, individuando i responsabili degli «errori».

«Sviste e sottovalutazioni» rivelate in una bozza di un documento interno all'Oms ottenuto dall' Associated Press .

Un dossier clamoroso, nel quale si afferma che «quasi tutti quelli coinvolti nel rispondere all'emergenza non hanno notato fattori e fatti di quella che è poi divenuta un'esplosione del virus». L'Oms non commenta il documento, limitandosi a dire che i «dettagli non saranno discussi fino a quando il documento non sarà completato e i fatti chiariti e provati». E poi: «Siamo per la trasparenza e la responsabilità e pubblicheremo la revisione quando i fatti saranno controllati. Non ci siamo accorti che una tempesta perfetta stava arrivando, pronta ad aprirsi in tutta la sua forza», si legge nel dossier che doveva rimanere riservato, ma tra le cui pagine l'Oms sembra ammettere di avere fatto pasticci.

L'Organizzazione mondiale della sanità è stata molto criticata per la sua lenta risposta e per le sue (almeno iniziali) rassicurazioni, che ignorarono i ripetuti allerta lanciati da «Medici senza Frontiere», l'Ong che conduceva tra le prime la sua battaglia sul terreno.

L'Ebola ha ucciso almeno 4.546 persone tra Liberia, Sierra Leone e Guinea, secondo gli ultimi dati forniti dall'Oms; tuttavia siccome almeno metà dei casi non vengono neanche registrati e il tasso di mortalità è almeno al 70%, l'Oms ritiene che il bilancio vero si attesti probabilmente ad oltre 12mila. E non c'è alcuna segnale che l'epidemia stia rallentando, epidemia confermata per la prima volta a maggio, ma che l'Oms dichiarò emergenza sanitaria pubblica internazionale solo l'8 agosto.

Il direttore generale Margaret Chan si è finora difesa, ma il documento interno dell'Oms scrive che gli esperti avrebbero dovuto rendersi conto che i metodi tradizionali di contenimento delle malattie infettive non potevano funzionare in una regione dai confini porosi e sistemi sanitari a pezzi. Nella bozza trapelata, ma non riconosciuta dall'Oms, si ammetterebbe anche che, in quel momento, «la burocrazia costituì un problema». Motivo? «I responsabili degli uffici Oms in Africa sono frutto di nomine motivate politicamente» fatte dal direttore regionale per l'Africa, Luis Sambo, che non risponde al capo dell'agenzia a Ginevra, Margaret Chan».

Conseguenze? «Nelle fasi iniziali del contagio i messaggi usciti dall'ufficio di Sambo furono diversi dalla linea emanata a Ginevra»; tanto che l'ufficio africano il 22 settembre scorso dichiarò «l'Ebola quasi del tutto contenuta» in Senegal e Nigeria».

Intanto, dall'altra parte del nodo, l'ospedale di Dallas che ha accolto il «paziente zero» con l'Ebola pubblica una lettera aperta sul The Dallas Morning e lo Star Telegram nella quale ammette che «nonostante le migliori intenzioni non siamo riusciti a rispettare gli elevati standard che sono al centro della storia dell'ospedale, della sua missione e del suo impegno». La missiva è firmata dall'amministratore delegato del Texas Health Resources, Barclay Berdan. «Abbiamo fatto errori nell'affrontare una situazione difficile» ammette Berdan, precisando che da quando il primo caso è stato diagnosticato sono stati effettuate modifiche a tutela del personale medico.

Le indagini su come le due infermiere, Nina Pham e Amber Vinson, siano state contagiate vanno avanti e arriveranno degli «esperti esterni» per analizzare i dati ottenuti su cosa è accaduto.

Ma a non promettere nulla di buono riecheggiano anche le parole di Obama: «Su Ebola anche l'America si è fatta cogliere impreparati». Le autocritiche sono sempre ben accette. Se però non servono da alibi.

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