Guerra in Ucraina

Draghi alle Camere ammonisce la Cina. "Non aiuti Mosca. Putin senza scuse: invade come Hitler"

Hitler, avete presente? E Mussolini. Si, siamo messi così, dice Mario Draghi, siamo in bilico, "siamo impegnati a difendere la democrazia" in Europa

Draghi alle Camere ammonisce la Cina. "Non aiuti Mosca. Putin senza scuse: invade come Hitler"

Hitler, avete presente? E Mussolini. Si, siamo messi così, dice Mario Draghi, siamo in bilico, «siamo impegnati a difendere la democrazia» in Europa e, per farlo, adesso dobbiamo sostenere concretamente il governo di Kiev. La pace? Certo, «l'Italia lavora con determinazione per la cessazione delle ostilità» e spera «di coinvolgere la Cina» nelle trattative. Anzi, avverte, Pechino «si astenga dall'aiutare la Russia». Intanto però a Zelensky servono le armi: «davanti agli orrori» non si può restare a guardare. «Non dobbiamo intervenire? Non dobbiamo assistere militarmente chi viene attaccato? Dovremmo lasciare che gli ucraini perdano il loro Paese e accettino pacificamente la schiavitù? Beh, questo è davvero un terreno scivoloso che ci porta, sostanzialmente, a difendere gli aggressori e a giustificare tutti gli autocrati, tutti coloro che hanno attaccato Stati inermi. A cominciare da Hitler, a cominciare da Mussolini».

I due nomi buttati là, per fissare la linea di Palazzo Chigi. I due dittatori, un paragone indiretto ma forte, per spiegare che alla Russia non si faranno sconti. Infatti il calendario nei prossimi giorni offre una girandola di vertici internazionali, con gli europei e Joe Biden, per decidere un'altra spallata a Mosca: il Consiglio Ue di oggi e domani si aprirà con l'incontro con il presidente americano e sarà preceduto da un summit Atlantico e un G7. «In quelle sedi l'Occidente ribadirà la sua unità nel tutelare sicurezza e democrazia. L'Italia appoggia l'ingresso dell'Ucraina nell'Unione. È un processo lungo e Bruxelles ha già avviato le procedure. Siamo a fianco di Kiev».

Draghi dunque non fa giri di parole. La mattina a Montecitorio, a pranzo da Mattarella con mezzo governo, poi in serata al Senato. Il premier sceglie sempre un linguaggio forte, drammatico, proprio per dare peso e corpo all'azione italiana nella Ue, nel G7 e nella Nato e anche per serrare la maggioranza, dove affiorano troppi distinguo pacifisti e diverse resistenze alle nuove misure contro il Cremlino. C'è fermento tra i Cinque stelle e in parte nella Lega: la paura è che le sanzioni colpiscano economicamente pure noi.

Il premier però va dritto, non è ancora il momento di mollare. «Lo sforzo diplomatico potrà avere successo solo quando lo vorrà realmente Mosca. Siamo impegnati con i nostri partner a realizzare tregue umanitarie localizzate, per organizzare evacuazioni e portare beni di prima necessità». Niente da fare. «La nostra volontà di pace - sostiene il presidente del Consiglio - si scontra con quella di Putin che non mostra interesse ad arrivare a una tregua che permetta ai negoziati di procedere con successo». Lo zar per sedersi al tavolo vuole essere in posizione di forza. «Il suo disegno punta a guadagnare terreno dal punto di vista militare, anche con bombardamenti a tappeto come a Mariupol».

Poi però a un certo punto bisognerà parlarsi. «Non dobbiamo commettere l'errore di avallare una contrapposizione tra Occidente e Russia e alimentare uno scontro di civiltà». E nemmeno rinunciare alla sponda di Xi. «È fondamentale che la Ue sia compatta nel mantenere spazi di dialogo con Pechino, che ha un ruolo di grande influenza», però si deve pure «ribadire l'aspettativa che la Cina si astenga da un supporto a Mosca e sostenga lo sforzo di pace». Ma per fare la voce grossa bisogna essere «un fornitore di sicurezza credibile», cioè accelerare verso una difesa comune europea. Draghi cita De Gasperi e assicura che l'Italia rispetterà «la promessa fatta alla Nato, portando al due per cento del Pil le spese per la difesa».

L'altro grosso tema del Consiglio Europeo sarà l'energia, «i cui prezzi sono aumentati fino a cinque volte in un anno». Dopo le misure della settimana scorsa, il premier è «consapevole» della necessità di altri interventi e a Bruxelles si batterà «per una risposta Ue». Serve, dice «una gestione comune del mercato, dagli stoccaggi, alle contrattazioni con i produttori a un tetto dell'Unione al costo del gas, spezzando il legame con l'elettricità».

I rincari stanno mettendo in difficoltà la nostra economia: toccherà rivedere il Pnrr? No, risponde Draghi, nessun ripensamento. «Non occorre nella sue scadenze e nei suoi obbiettivi, tuttavia ci sono alcuni aspetti, come i prezzi delle materie prime, che vanno affrontati e sui quali è in corso una discussione nella Commissione». Ma niente ritardi, «il piano è cruciale per aumentare la crescita in modo permanente».

E alla fine le Camere approvano.

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