Ed Elly contatta Giorgia per smarcarsi dai grillini. "Io non faccio l'ultrà"

Apprezzata la telefonata alla premier. Prova di dialogo che piace pure al Pd

Ed Elly contatta Giorgia per smarcarsi dai grillini. "Io non faccio l'ultrà"
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Quella telefonata dell'altro ieri di Elly, è innegabile, ha fatto piacere a Giorgia. In fondo per entrambe le donne della nostra politica - la prima premier, la seconda leader del principale partito di opposizione - è impensabile non offrire a livello internazionale un'immagine di responsabilità quando nel mondo ci sono tre guerre (Ucraina, Gaza e ora Iran) con cui in un modo o nell'altro l'Italia ha a che fare. Entrano in ballo concetti come interesse nazionale e, appunto, parole come responsabilità di cui si sente investito qualsiasi partito che stia al governo o aspiri a starci. "Quella telefonata è un segnale da non trascurare", ha ammesso la Meloni con il suo cerchio più ristretto. La Schlein (foto), invece, con questa mossa ha ricompattato tutto il Pd a cominciare dall'area riformista, più attenta a coltivare l'idea di una forza di governo che non movimentista: "quella della segretaria - ha sottolineato l'ex ministro della difesa Guerini - è una posizione ragionevole".

Il dato che colpisce, però, è che questa postura in una congiuntura internazionale da brividi, la Schlein non l'ha caratterizzata condividendo le linee della maggioranza parlamentare con la quale le differenze, a cominciare dal giudizio sulle politiche di Trump e Netanyahu, restano marcate quanto, invece, con il differenziarsi dalle tesi estremiste delle altre opposizioni. "In un momento del genere - ha spiegato ai suoi la leader del Pd - io non faccio l'ultrà". Tant'è che il suo partito ha votato contro la mozione del governo, ma nel contempo si è astenuto su quella grillina e della sinistra radicale. Di fronte a tesi inconciliabili con le stanze dei bottoni di qualsiasi democrazia occidentale, la Schlein si è presa la briga di dividere le opposizioni. E sulla riapertura ai rapporti commerciali con la Russia per l'energia proposta dai 5stelle e sulla posizione grillina sull'Ucraina, i democratici sono arrivati pure al no.

È un modo per riportare il Pd su posizioni coniugabili con quelle delle altre forze socialiste europee e per non subire l'egemonia di 5stelle e sinistra radicale. E nel contempo per porre le basi di un possibile confronto con la Meloni che certo non può sfociare in una convergenza vera e propria. Semmai in un timido dialogo a distanza nel quale la Schlein non può chiedere alla premier italiana di sparare su Trump, quando il cancelliere tedesco Mertz arriva a dire che "non c'è ragione di criticare i raid Usa sull'Iran", mentre può trovare qualche assonanza su Gaza, sulla Palestina, sul non uso delle basi americane in Italia per la guerra.

Quello che, però, più preme alla leader del Pd è sposare una linea più assimilabile alle logiche di governo di quella sposata dal suo competitor per la guida del campo largo, Giuseppe Conte.

Il dibattito e le mozioni di ieri di Pd e grillini hanno mostrato questa differenza. Come pure la manifestazione davanti al vertice Nato di oggi all'Aja promossa sempre dai 5stelle. Il paradosso è che Conte a Palazzo Chigi c'è stato mentre la Schlein no. Una contraddizione che l'ex premier nell'interpretare la sua idea di movimentismo esasperato, di iperpacifismo comincia a soffrire. Non per nulla rispetto alla manifestazione di oggi al leader 5stelle preme precisare: "Io non ho mai detto che bisogna uscire dalla Nato, né ho contestato l'esistenza dell'Alleanza. Quello che critico è la richiesta del 5% per la spesa militare per cui la definizione giusta è quella di una manifestazione anti-riarmo".

Solo che per stare nella Nato ci sono degli obblighi da rispettare. Delle decisioni comuni che si debbono assecondare: gli investimenti per la difesa ne fanno parte. Né si possono fare fughe in avanti nel rapporto con Putin anche se si tratta di politica energetica visto che per l'Alleanza lo Zar è un nemico e le sanzioni sono un'arma per combatterlo.

Su questi argomenti sia pure con tanti se, tanti ma, tanti distinguo e tante riserve da far girare la testa, la Schlein tenta, seguendo una rotta zig e zag, di interpretare una politica che non sia incompatibile con

quella di Bruxelles e la renda più affidabile di Conte per la premiership. La telefonata alla Meloni è supportata da questa logica. Certo con la coalizione che si ritrova non è semplice. Ma almeno dall'altroieri ci prova.

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