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Eliseo di lotta e governo. Parigi "scavalca" Macron e attacca ancora l'Italia: "Meloni è sconsiderata"

A 12 ore dalla mano tesa di Reykjavik, il titolare dell'Interno francese rilancia sui migranti: "Lei e Le Pen non sono affatto un buon modello"

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Eliseo di lotta e governo. Parigi "scavalca" Macron e attacca ancora l'Italia: "Meloni è sconsiderata"

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Dodici ore dopo la mano tesa di Emmanuel Macron al Consiglio d'Europa di Reykjavik, ci pensa ancora una volta il suo ministro dell'Interno, Gérald Darmanin, a riaccendere la polemica tra Parigi e Roma. In un'altalena di affondi e frenate che va avanti ormai da settimane, al punto di rasentare il caricaturale.

Se il primo poliziotto di Francia attacca di petto Giorgia Meloni per la sua politica sull'immigrazione, infatti, l'Eliseo fa filtrare che non c'è alcuna tensione tra Italia e Francia. Salvo poi, il giorno dopo, ritrovarsi con la premier nel mirino di Stéphane Séjourné, segretario del partito macroniano Reinassance. E di nuovo con la presidenza della Repubblica francese ad assicurare che i rapporti sono ottimi e che si sta persino lavorando ad un bilaterale tra Macron e Meloni da tenersi al G7 di Hiroshima questo fine settimana. Martedì in Islanda, infine, è stato lo stesso inquilino dell'Eliseo a usare toni e parole di grande comprensione verso l'Italia che, ha detto, «non può essere lasciata sola» sul dossier immigrazione perché «come Paese di primo approdo si trova ad affrontare una fortissima pressione». Giusto il tempo di far passare la nottata e da Parigi Darmanin torna ad affondare colpi. Perché, dice, «la signora Meloni» è un «membro dell'estrema destra» che sull'immigrazione ha fatto «promesse sconsiderate». E, aggiunge a scanso di equivoci, la Francia ha «il diritto di dire che Marine Le Pen e Meloni non hanno un buon modello». Poi, quasi a mettere le mani avanti, chiosa: la leader di Fdi in passato ha «molto insultato il presidente della Repubblica» francese. Come a dire, «perché vi stupite?». Forse perché quando Meloni criticava duramente Macron lo faceva dall'opposizione, mentre oggi - ormai da otto mesi - lo scontro si sta consumando direttamente tra Eliseo e Palazzo Chigi.

Sulla questione, comunque, la linea della premier resta invariata. Ed è quella di non alimentare tensioni, perché Darmanin o Séjourné si muovono in chiave squisitamente interna, nel tentativo di arginare sia la crisi di consensi di Renaissance che la crescita del Rassemblement National. Il tutto con un pizzico di ironia se un ministro dell'esecutivo Meloni non esita a paragonare il doppio binario di Macron alla «Lega di lotta e di governo», con i big del Carroccio che spesso alzano la voce mentre Matteo Salvini preferisce toni decisamente più accomodanti.

Proprio ieri sera, intanto, in arrivo direttamente da Reykjavik - con tappa ad Anchorage - Meloni è atterrata a Hiroshima dove parteciperà al G7. Un summit con un'agenda guidata dal dossier Cina, su cui il tandem Usa-Giappone si aspetta la definizione di un terreno «comune» tra i leader dei sette grandi nei rapporti con Pechino. In Islanda, invece, si è chiuso il Consiglio d'Europa con il via libera al «Registro internazionale dei danni» subiti dall'Ucraina a causa dell'invasione di Mosca.

Alla fine hanno aderito 46 Paesi, anche se in sei - Armenia, Azerbaijan, Bosnia ed Erzegovina, Ungheria, Serbia e Turchia - hanno deciso di non sottoscrivere l'accordo.

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