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Eurostangata sulla casa. Bruxelles accelera per l'ok

Sì dalla commissione Industria del Parlamento Ue agli obblighi di immobili green. No di Fi, Fdi e Lega

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La commissione Itre (Industria, ricerca, energia) del Parlamento Ue ha approvato ieri la proposta di direttiva sulle case green. Sono stati 49 i voti favorevoli, 18 i contrari e 6 gli astenuti. Il testo si basa su un accordo tra popolari (Ppe), socialisti (S&D), liberali (Renew), verdi e sinistra. Contrari Ecr (di cui fa parte Fdi) e Id (Lega). Anche Forza Italia si è sfilata dalla posizione del Ppe. «Non possiamo firmare una cambiale in bianco, tanto più su una realtà importante come la casa», ha spiegato l'eurodeputato azzurro Massimiliano Salini.

La proposta di direttiva dovrebbe essere approvata dalla plenaria dell'Europarlamento del 13-16 marzo, dopodiché si aprirà il consueto «trilogo» con Commissione Ue e Consiglio Ue perché si traduca in normativa vera e propria che gli Stati dovranno recepire. Al momento, la proposta si fonda sulla costruzione di edifici a zero emissioni dal 2028 (2026 per gli edifici pubblici) e sulla ristrutturazione degli immobili residenziali privati in classe E entro il 2030 e in D entro il 2033. Per quelli non residenziali e pubblici il target è fissato rispettivamente per il 2027 e il 2030. Sono previste eccezioni per i monumenti e per gli edifici di interesse storico-culturale, ma l'Europa è tassativa: il riscaldamento da fonti fossili deve scomparire entro il 2035.

Il presidente dell'Enea, Gilberto Dialuce, ha sottolineato che il 74% delle abitazioni italiane, cioè 11 milioni, sarebbe in classe energetica inferiore alla D. I lavori eseguiti con il Superbonus hanno riguardato 290mila unità abitative l'anno, l'obiettivo europeo, ha detto, richiederebbe «uno sforzo notevole». In pratica, sarebbe pari a una patrimoniale da oltre 60 miliardi. Ecco perché il ministro dell'Ambiente, Gilberto Pichetto, ha rimarcato che «la realtà italiana sulle abitazioni ha caratteristiche che la differenziano da altri: l'85% è proprietario di una casa» e che quindi è necessaria «una valutazione più graduale».

Non si tratta dell'unico dossier controverso che vede l'Italia e l'Unione europea su posizioni opposte. La cronaca di questi giorni vede l'Italia e i Paesi a debito elevato schierarsi contro la riforma tout court del regime degli aiuti di Stato per consentire ai governi con maggior margine di manovra di immettere risorse per favorire la transizione energetica per rispondere all'Inflation reduction Act americano. Il Consiglio Ue, che si chiude oggi, verte proprio su questo tema. Ieri il ministro delle Imprese Adolfo Urso, ha sentito telefonicamente il ministro francese delle Finanze, Bruno Le Maire (che è stato a Washington con l'omologo tedesco Habeck per contrattare condizioni vantaggiose per Francia e Germania negli Usa). «L'invio di segnali diversi rischia di ingenerare false aspettative oltreoceano - ha detto Urso - e di spaccare il fronte interno all'Ue ritardando il processo decisionale». Non a caso l'Italia è favorevole a un fondo Ue che aiuti tutti i Paesi, anche quelli con meno margine di manovra, o per lo meno a uno scomputo di questi investimenti dal debito.

Altro tema caldo è il dirottamento verso il Pnrr di fondi Ue non utilizzati e di quelli RepowerEu per aumentare l'effetto anticiclico del piano, soprattutto sul fronte dei prezzi energetici. Oltre alle questioni economiche vi sono anche temi politici più generali.

A partire dai dossier alimentari (l'utilizzo di farine di insetti nei preparati da forno e l'etichettatura del vino che avverte sui rischi dell'alcolismo proposta dall'Irlanda) per terminare con l'annoso problema dell'accoglienza dei migranti con l'Italia che vuole sbarazzarsi del poco commendevole ruolo di campo profughi dell'Ue.

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