Cronache

Faida tra consorzi: la guerra del Prosecco ora ubriaca il Veneto

Doc contro Docg: "Non siamo inferiori". La sfida mette a rischio il boom del marchio

Faida tra consorzi: la guerra del Prosecco ora ubriaca il Veneto

Una guerra burocratica potrebbe far scoppiare la bolla del Prosecco. Il più grande successo enologico italiano del nuovo millennio corre il rischio di essere annacquata da un conflitto tra i consorzi che si spartiscono il vino spumante più amato e venduto. Una querelle che preoccupa perfino il presidente della Regione, tra i principali sponsor del vino che rappresenta ormai l'identità potabile del Veneto.

Per spiegare che cosa rappresenta il Prosecco e come la faida tra consorzi potrebbe sporcare l'immagine del vino va detto che le bottiglie complessive di Prosecco prodotte ogni anno sono 750 milioni e che il giro d'affari globale sfiora i 5 miliardi di euro. Ma non tutto il Prosecco è uguale e questo è il nodo del problema. La piramide qualitativa del vino prevede alla base la doc, che comprende gran parte del territorio del Veneto (le province di Treviso, Belluno, Padova, Venezia e Vicenza) e l'intero Friuli-Venezia Giulia. Si tratta del cosiddetto «Prosecco di pianura», considerato di minore qualità ma che si annette la gran parte della produzione totale, circa 621 milioni di bottiglie stimate nel 2021. Il Prosecco doc prevede almeno un 85 per cento di vitigno Glera, e un possibile saldo di altri vitigni bianchi locali. In cima ci sono invece le due docg: il Prosecco Conegliano-Valdobbiadene e l'Asolo Prosecco: due denominazioni che ricomprendono un territorio asspiù ristretto che ricade interamente nella provincia di Treviso e che ha un disciplinare assai più rigoroso per uve utilizzabili, resa per ettaro e metodologie produttive. Si tratta insomma del «Prosecco di collina», di maggiore qualità e maggior prezzo, anche se di molta minore produzione: all'incirca 100 milioni di bottiglie annue per la docg Conegliano-Valdobbiadene, poco più di 20 milioni per la docg Asolo.

Il problema è l'uso della parola Superiore nelle due docg, voluta dallo stesso Zaia qualche anno fa, che secondo Luca Giavi, direttore della doc di pianura, è ingiustificata ed evidenzia in modo smaccato una differenza qualitativa che qualsiasi appassionato è pronto a riconoscere ma che secondo i produttori di Prosecco doc è in questo caso espressa in modo sleale. «Il Prosecco Superiore non esiste - spiega Giavi al Gazzettino - e noi dell doc abbiamo chiesto al ministero di mettere delle regole, anche per difenderci dagli attacchi da parte di terzi e di eliminare una serie di utilizzi scorretti delle denominazioni». Una tesi che fa prefigurare secondo alcuni addirittura un consorzio unico, ciò che non piace affatto a Elvira Bortolomiol, presidente del consorzio Conegliano-Valdobbiadene, che ha scritto ai suoi soci per spiegare che «il termine Superiore è parte integrante del nostro nome» e che comunque «non esiste nessun tipo di accordo sull'ipotetico consorzio unico, né circa il dominio prosecco.it, che rimarrà in nostro possesso e nessun accordo circa l'eliminazione del nome Prosecco. Tanto meno si è giunti ad accordi circa la condivisione di codici di autoregolamentazione».

La guerra tra bande ha attirato le attenzioni del ministero delle Politiche Agricole, che ha invitato i tre consorzi a mettersi d'accordo, firmando un codice di autoregolamentazione. Cosa che appare al momento lontana: una riunione prevista per il 26 luglio è saltata e non potrà tenersi prima dell'inizio di settembre. Sarà un agosto caldo, anzi caldizzimo nelle colline più frizzanti d'Italia.

E si sa che le bollicine calde bnon piacciono a nessuno.

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