Europa

Il "fattore Vestager" ostacola l'accordo: Madrid ha bisogno di Berlino per la Bei

La commissaria danese, che ha distrutto le banche italiane, corre contro Calviño

Il "fattore Vestager" ostacola l'accordo: Madrid ha bisogno di Berlino per la Bei

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C'è un «fattore V» che ostacola il raggiungimento di un buon compromesso in Europa sulla riforma del Patto di Stabilità. Si chiama Margrethe Vestager, la commissaria Ue alla Concorrenza in congedo temporanea e candidata alla presidenza della Banca europea per gli Investimenti (Bei). Nel gioco di specchi dei palazzi di Bruxelles gli interessi nazionali si mescolano con le battaglie per il potere e in questo gioco vincono le persone e perdono le nazioni.

Accade, infatti, che la principale (e ormai unica) concorrente di Vestager alla guida della Bei sia proprio la ministra spagnola delle Finanze, Nadia Calviño, presidente di turno di Eurogruppo ed Ecofin. Da mesi l'esponente del Psoe, il partito socialista spagnolo, sta preparando una bozza di riforma del Patto che accontenti i Paesi ad alto debito (come la stessa Spagna, il Portogallo, la Grecia, l'Italia e ormai pure la Francia con il suo 110% di debito/Pil) senza scontentare troppo la Germania e il suo codazzo di Paesi «frugali». Il compromesso (vedi articolo sopra), più volte limato, sembra buono.

C'è un però. Parigi ha assicurato il proprio sostegno per la guida della Bei a Vestager che milita nello stesso gruppo europeo di Macron (Renew Europe). Se Calviño vorrà cavalcare le residue chance di vittoria, dovrà necessariamente conquistarsi il voto di Berlino. E, dunque, la riforma dovrà giocoforza avere una parvenza di austerity per non alienarsi il voto decisivo di Scholz quando si dovrà decidere tra lei e l'ex ministro danese.

Resta da chiedersi perché la Francia appoggi una candidata che non pare essere politicamente allineata a quella che sono le urgenze di Parigi in materia di politica di bilancio. La risposta è semplice: Vestager, al momento, sta facendo un grosso favore allo Stato francese e alla sua compagnia di bandiera Air France-Klm, bloccando con mille cavilli l'avvio dell'istruttoria sulla cessione del 40% di Ita Airways a Lufthansa. Per quanto l'ex Alitalia sia ormai ridimensionata, la sua privatizzazione - oltre a essere un obbligo imposto dall'ultimo salvataggio di Stato - rafforzerebbe il dominio del vettore tedesco nei cieli europei consentendole di aprirsi a nuove rotte, soprattutto dall'hub di Fiumicino. Più Bruxelles fa «ingrassare» il già corposo dossier contro Lufthansa più Air France resta competitiva nel Vecchio Continente.

A rimetterci, ovviamente, è l'Italia. Non solo perché ha ancora Ita sul groppone. Non solo perché ha dovuto pressoché rinunciare alla candidatura dell'ex ministro Daniele Franco alla Bei. Ma perché rischia di trovarsi in quella posizione colei che ha accelerato le crisi bancarie italiane, impedendo gli interventi del Fondo di tutela dei depositi nei salvataggi.

Decisione smentita due volte dai Tribunali comunitari, ma solo dopo che aveva già devastato il nostro sistema.

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