Politica internazionale

Il Festival cancella il video di Zelensky: solo un messaggio. Sberleffo di Mosca: "Poteva vincere..."

Sanremo Dietrofront. Un mezzo passo indietro. Un po' di Zelensky ma non troppo. Niente video messaggio, ma una letterina letta da Amadeus

Il Festival cancella il video di Zelensky: solo un messaggio. Sberleffo di Mosca: "Poteva vincere..."

Sanremo Dietrofront. Un mezzo passo indietro. Un po' di Zelensky ma non troppo. Niente video messaggio, ma una letterina letta da Amadeus. Insomma, la solita soluzione all'italiana. Dopo tutte le polemiche, le prese di posizione, le raccolte di firme, le petizioni di intellettuali contro l'intervento del presidente ucraino al Festival di Sanremo, la Rai ha trovato una soluzione che accontenta tutti e nessuno. Lo ha annunciato ieri mattina il direttore dell'intrattenimento prime time Stefano Coletta nella prima conferenza stampa che dà il via alla settimana festivaliera.

«Siamo in contatto quotidiano con l'ambasciatore ucraino Melnyk - ha spiegato il direttore - Siamo giunti alla definizione dell'intervento del presidente ucraino: non invierà un video, ma un testo scritto» che sarà letto sul palco dal presentatore Amadeus. L'ipotesi iniziale, ovvero che Zelensky intervenisse con un collegamento o con un messaggio registrato come già accaduto in altre occasioni simili (ai Golden Globes, alla Mostra del Cinema di Venezia e a quella di Cannes) e come annunciato da Bruno Vespa che ha fatto da intermediario, è stata quindi accantonata. Secondo la versione ufficiale dei vertici Rai, sarebbe stato il leader in guerra con Putin a preferire inviare una lettera. «Così ci è stato comunicato dall'ambasciatore nel pomeriggio del 2 febbraio», ha precisato Coletta. Ma è evidente, anche se i vertici di viale Mazzini smentiscono, che si è trovato di comune accordo questa soluzione dopo le fortissime polemiche - da Salvini a Grillo a un gruppo di intellettuali che si sono schierati contro - suscitate dall'intervento.

«Quindi Zelensky non vincerà questo concorso con un rap», interviene sarcastica la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova. Insomma, la guerra tra i due paesi passa anche per le canzoni: il Festival è sempre stato ascoltatissimo in Russia, anche ai tempi dell'Unione Sovietica. E si riesce pure a scherzare su una situazione così drammatica. Amadeus - ribattezzato da Fiorello «lo Swiffer delle polemiche» - commenta la vicenda sorridendo: «Leggerò il testo in ucraino» e aggiungendo che «una lettera è più romantica».

La brutta figura, in tutta questa storia, la fanno i vertici della tv di Stato che per tenersi in equilibrio, cedono alle pressioni. L'impatto di un testo letto e contestualizzato da Amadeus ovviamente avrà un impatto meno violento sul pubblico rispetto al faccione di Zelensky che sarebbe apparso in mezzo alle canzoni a chiedere armi e sostegno all'Occidente.

Su quanto scriverà nella lettera il leader ucraino è ancora riserbo, ma il direttore Coletta assicura che non ci sarà alcun controllo preventivo sul testo inviato, come era stato paventato dopo che i consiglieri del Cda Rai avevano chiesto chiarimenti sulla questione. «Mi sembra complicato poter censurare il presidente - ha risposto a una domanda - Il controllo di noi dirigenti è preventivo alla messa in onda di ogni programma, ma sorrido all'idea di un dirigente Rai che possa censurare un presidente».

Comunque sia, la soluzione non piace a nessuno. «Stiamo parlando di un contesto completamente diverso rispetto a quello dove ha già parlato, cioè il Parlamento, che era la sede più opportuna e giusta», ha commentato il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte. «Resto convinto che il massacro degli ucraini non meritava di essere mischiato con il televoto», ha commentato il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri.

Non ha dubbi Carlo Calenda: «Capisco la logica dell'invito a Zelensky, ma ci sono luoghi che non si prestano in termini di gravitas. Poi quello che ha fatto la Rai è davvero il peggio.

Nel momento in cui dici che lo vuoi a Sanremo, non ti metti poi a fare la censura al presidente di un Paese in guerra».

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