Quel fuoco di sbarramento: i dubbi di Salvini su Mosca

La missione in Russia è in stand-by: "Nessuna novità". Ma Matteo vorrebbe insistere sulla strada del dialogo

Quel fuoco di sbarramento: i dubbi di Salvini su Mosca

«Non mi aspettavo applausi ma nemmeno insulti». Matteo Salvini trascorre la domenica in compagnia dei figli e continua a riflettere sull'opportunità di mettere in campo un viaggio a Mosca. Da più parti arrivano inviti a mettere da parte l'idea di un faccia a faccia in terra russa con un rappresentante del Cremlino, se non con Vladimir Putin in persona. Un pressing che si alza non solo all'interno dell'esecutivo, ma che viene rilanciato informalmente anche dalle prime file leghiste, da cui arrivano inviti alla prudenza. «Al momento è tutto fermo, non ci sono novità» raccontano calibrando le parole dentro il Carroccio.

Di certo Salvini in questi giorni ha tessuto la sua tela diplomatica. Venerdì mattina il leader della Lega è entrato in Vaticano ed è salito in Loggia per un colloquio con il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin. Il giorno prima aveva partecipato - presente anche Giorgia Meloni - all'inaugurazione dell'Area ludica donata dall'Ambasciata di Israele alla città di Roma nel centenario della nascita di Yitzhak Rabin e, raccontano, l'ambasciatore israeliano in Italia Eydar, si era intrattenuto con lui, a testimonianza di un rapporto fortissimo con lo Stato di Israele costruito negli anni e ribadito anche in quella occasione. Salvini, insomma, continua a muoversi, a confrontarsi e a insistere sulla necessità di rilanciare un dialogo con Mosca. Da Putin, però, non arriva alcun cambio di rotta o apertura sostanziale. A questo punto gli occhi nelle prossime 48 ore saranno puntati sul consiglio europeo straordinario incentrato su Energia, Ucraina e Difesa a Bruxelles, in programma oggi e domani a cui prenderà parte Mario Draghi. Il presidente del Consiglio è convinto che in un momento come questo non ci si possa muovere in ordine sparso, ma la politica estera debba essere una e una sola e iniziative solitarie possano soltanto indebolire la percezione esterna del nostro Paese.

Le polemiche restano affilate. Renato Brunetta senza affondare il colpo fa sapere di non aver parlato con Salvini. «Il momento è delicatissimo. Dobbiamo evitare ogni ambiguità e ogni azione che potrebbe suonare come una legittimazione dell'aggressione. Ma Salvini è uno dei leader della maggioranza: ne è perfettamente consapevole» racconta a il Giornale. «Siamo un Paese incardinato nella Nato e nell'Europa, non possiamo essere artefici in solitudine del nostro destino. Perciò De Mita e gli altri oggi avrebbero lavorato per la pace, ma senza indebolire l'Alleanza atlantica e non prestandosi al rischio di essere strumentalizzati da Putin. E mi riferisco a Matteo Salvini» dice Pierferdinando Casini in un'intervista al Corriere della Sera. L'attacco più duro arriva da Carlo Calenda: «Salvini non ha il senso del limite, della morale. Queste bambinate vanno bene quando parla di pensioni e tasse, non quando si parla della guerra e dei morti e quando l'Occidente è al lavoro per il cessate il fuoco. Così va oltre la spregiudicatezza». La replica arriva dal vicecapogruppo della Lega alla Camera, Fabrizio Cecchetti. «Siamo veramente all'assurdo.

Carlo Calenda, segretario di un partito con due parlamentari transfughi (eletti dal Pd), politico tutto slogan e annunci e zero contenuti, uno che ha cambia partito o posizionamento a ogni elezione, critica Salvini? Salvini è l'unico a lavorare concretamente per la pace in Ucraina e per salvare vite umane».

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