
Gli Stati Uniti continuano a chiedere a Israele di rinviare la loro operazione militare su vasta scala a Gaza per arrivare a un accordo per la liberazione degli ostaggi. A riferirlo al Jerusalem Post sono state due fonti ben informate. Nonostante lo Stato ebraico stia conducendo azioni significative nella Striscia, i funzionari di Tel Aviv hanno chiarito che Israele non si ritirerà dalle aree in cui entra, nemmeno nell'ambito di un potenziale patto. Lo Stato ebraico ritiene pure che l'unico compromesso attualmente sul tavolo sia il «quadro Witkoff», che include il rilascio di 10 ostaggi e una tregua di 60 giorni. Una fonte di Tel Aviv ha però dichiarato al Washington Post qualche giorno fa: «Le trattative sono in una situazione di stallo».
Anche la diplomazia si fa sentire. Il ministro degli Esteri spagnolo José Manuel Albares ha invitato la comunità internazionale a prendere in considerazione sanzioni contro Israele per bloccare la guerra a Gaza. Parlando a margine del vertice di Madrid con 20 Paesi europei e arabi, Albares ha dichiarato a France Info che «questa guerra non ha più alcun obiettivo» e che «bisogna fare tutto il possibile per fermarla».
L'incontro, che coinvolge pure la Lega Araba e l'Organizzazione della Cooperazione Islamica, punta a rilanciare una soluzione a due Stati e a garantire un accesso senza ostacoli agli aiuti umanitari per la Striscia. Albares ha spiegato che «non può essere Tel Aviv a decidere chi può mangiare e chi no». Dopo la decisione dell'Ue di rivedere l'accordo di cooperazione con Israele, il ministro ha anticipato che ne chiederà la sospensione e ha sottolineato che «bisogna considerare anche le sanzioni». Ha infine tuonato: «È necessario l'embargo alla vendita delle armi allo Stato ebraico».
Le pressioni internazionali, però, non fermano i bombardamenti di Tel Aviv. La battaglia imperversa e aumentano le vittime. Ieri un attacco di Israele ha causato la morte di almeno 23 palestinesi a Gaza, tra cui un giornalista locale e un alto funzionario dei servizi di soccorso. Gli ultimi decessi sono stati causati da raid dello Stato ebraico separati a Khan Yunis, nel sud, a Jabalia, nel nord, e a Nuseirat, nella Striscia centrale. A Jabalia il giornalista locale Hassan Majdi Abu Warda e diversi membri della sua famiglia sono stati uccisi da un'offensiva aerea che ha preso di mira la sua casa.
Ma pure le ali armate di Hamas e della Jihad Islamica rivendicano le loro azioni belliche e hanno fatto sapere che i loro combattenti hanno effettuato diverse imboscate e attacchi con bombe e razzi anticarro contro le forze di Tel Aviv operative in diverse aree di Gaza. Mentre l'Idf ha dichiarato che un missile lanciato dallo Yemen ha fatto suonare le sirene dell'allarme antiaereo in varie località del centro di Israele, compresa Gerusalemme, ma è stato intercettato e abbattuto.
E ieri la
Farnesina ha fatto apere che sono entrati nella Striscia di Gaza i primi nove dei 15 camion finanziati dal governo italiano attraverso il progetto «Food for Gaza» e donati al Pam, il programma alimentare mondiale dell'Onu.