
Entro pochi giorni dovrebbero tornare tutti gli ostaggi. Israele è piena di speranza dopo tanto soffrire. La giornata di ieri sarà ricordata come quella del '48 in cui, contro ogni logica, si concluse con la vittoria la guerra di Indipendenza in cui fu assalito da tutti gli stati arabi. E come, dopo la guerra del Kippur nel '73, il 16 ottobre quando Golda Meier annunciò che l'esercito aveva attraversato il canale di Suez. Israele vinse nonostante l'aggressione dell'Egitto e della Siria l'avesse quasi messo in ginocchio. Così sarà per il 9 ottobre 2025: il giorno della vittoria dopo 734 giorni dall'attacco che segnò la maggiore acquisizione strategica dell'asse che dall'Iran ad Hamas aveva disegnato la distruzione definitiva dello Stato d'Israele.
Il terrorismo di Hamas puntava anche sugli oltre centomila missili degli Hezbollah, l'appoggio della Siria e di milizie irachene e degli Houthi, nei piani iraniani. Israele, oggetto di questo attacco strategico, ha risposto con un disegno altrettanto strategico congegnato insieme alla presidenza Usa: alla base Trump ha capito che il futuro del Medioriente sarebbe diventato attacco esplosivo senza il grande muro di difesa dell'Occidente che Israele rappresenta, la jihad islamica forte ormai di un'alleanza con la sinistra illiberale, neostalinista e antisemita avrebbe puntato al mondo, dopo Israele. Dunque il fine di un Medioriente pacifico e rinnovato dalle fondamenta si sono integrate con la necessità di pace nella Striscia, Trump e Netanyahu hanno unito le forze prima sul campo di battaglia, in Iran, e i migliori mediatori, da Dermer a Witkoff a Kushner, hanno lavorato prima di tutto per la liberazione di tutti gli ostaggi, il brillante nelle mani di Hamas, il suo segno del potere.
Si è dunque attuata una pressione inaspettata su Hamas con l'esercito a Gaza City; ora è previsto il disarmo delle armi di attacco (in primis i missili), la presenza dell'esercito sul 53% del territorio che promette che né oggi né domani la gente di Israele possa vedere di nuovo le nukbe macellare gli abitanti del Sud. I terroristi liberati non potranno stare in Giudea e Samaria, né a Gaza per la maggioranza. È questa la promessa di totale vittoria del governo Netnayahu? No, l'accordo non parla di schiacciare il nemico ma di destituire e disarmare Hamas, e ignora il futuro di Gaza che verrà affidata a una coalizione di volenterosi, vedremo quanti "tecnocrati" palestinesi. Non è importante. La base è quella del disegno strategico della pace col mondo arabo e con i Paesi occidentali volenterosi: la capacità di Trump di coalizzare otto stati mussulmani in una prospettiva che convenga a ciascuno per motivi anche opposti, è stata formidabile, degna del premio Nobel per la pace.
Un caso particolare è il Qatar: mentre ospita la maggiore base americana è anche il pilastro della jihad internazionale propagandata da Al Jazeera. Il suo ruolo di mediatore, di fatto di sostegno a Hamas, è crollato quando Israele, come aveva fatto attaccando Iran, Hezbollah e Houthi, ha mostrato di non aver paura e ha colpito i terroristi a Doha. Il Medioriente parla la lingua della forza, Trump ha avuto buon gioco a spingere Al Thani a esigere che gli ostaggi fossero restituiti. Se l'Onu e l'Ue avessero fatto lo stesso, le cose si sarebbero forse risolte prima. Ma è dall'attacco a Gaza City, che Hamas non prevedeva, che comincia la restituzione degli ostaggi. La pressione militare ha pagato e così la promessa di Trump di un Medioriente nuovo che batta l'Iran con sullo sfondo la Russia e la Cina.
Adesso Israele aspetta di riabbracciare i suoi cari: ha pesato la costanza, il coraggio, di questo Paese che invano la jihad islamica distruggere, fiancheggiata dall'Occidente antisemita. È buona cosa che l'Italia si sia tenuta da parte rispetto a Macron che ha portato all'Onu la proposta di uno stato palestinese nato nell'odio di Israele.
Il tempo di pace non somiglierà agli accordi di Oslo, che riportarono Arafat per organizzare la seconda Intifada, 1.500 morti innocenti sugli autobus e nelle pizzerie. La jihad non avrà più cittadinanza. Questa pace cambierà e difenderà il Medioriente.