Irriducibile e fiero, come si conviene a un "hombre vertical" ispanico, ma anche un uomo curioso e di vaste letture, capace di analisi geopolitiche e, allo stesso tempo, di colloquiare di letteratura "alta", spaziando da Cervantes a Dante. Così Massimo Magliaro, storico portavoce di Giorgio Almirante, ricorda il colonnello Antonio Tejero. "Lo incontrai a Madrid qualche anno dopo la sua scarcerazione e rimasi colpito dalla sua gentilezza d'altri tempi e dalla profonda cultura. Un personaggio ben diverso dalle raffigurazioni macchiettistiche che la stampa, compresa quella italiana, gli hanno cucito addosso".
Di una cosa sola Tejero non si dava pace. Sino all'ultimo dei suoi giorni, il militare rimpiangeva d'essersi fidato del generale Alfonso Armada, il consigliere del sovrano e vera anima nera del tentato golpe del 23 febbraio 1981, che lo coinvolse nella congiura. Una svista fatale. Agli occhi ingenui dell'ex colonnello, Armada allora vice capo di Stato Maggiore dell'esercito, rappresentava una duplice garanzia sia per la sua vicinanza al Borbone sia per il suo passato di reduce della guerra civile e di volontario della Divisione Azul (la formazione inviata da Franco sul fronte russo durante il secondo conflitto mondiale).
Come sappiamo, nulla andò come previsto. In quella convulsa notte, Armada fece una brusca marcia indietro lasciando con il cerino acceso Tejero rinchiuso nel Congresso di Deputati con i suoi uomini in armi e gli illustri ostaggi e il generale Jaime Milans del Bosch che con i suoi reparti corazzati aveva occupato Valencia. Ma Armada non fu l'unico a tradire. Anzi. Ancora in una delle sue ultime interviste (El Español, 22 ottobre 2023) il mancato golpista puntava il dito contro quello che lui considerava il vero mandante dell'intera operazione, ovvero Juan Carlos in persona. "Il re, con l'appoggio dei vertici delle forze armate, voleva un governo a lui favorevole e per farlo aveva bisogno di un uomo. Quell'uomo ero io. Poi tutti mi abbandonarono, lui per primo".
In quelle drammatiche ore, passate ad attendere ordini e rinforzi che non arrivavano, Tejero scoprì che il vero obiettivo della macchinazione non era l'agognato "governo militare, bensì una coalizione di unità nazionale benedetta dal monarca e comprendente personalità di sinistra con Armada presidente". Troppo anche per il fedelissimo del defunto Caudillo che, armi alla mano, proibì al generale fellone di entrare nel palazzo. Da quel momento tutto andò a rotoli. Juan Carlos indossò la divisa ergendosi dagli schermi televisivi a baluardo della vacillante democrazia, Armada, dichiarandosi estraneo a ogni complotto, si propose come mediatore e alle dieci del mattino del 24 Tejero, ormai sfinito e deluso, si arrese. Lo aspettavano quindici lunghi anni di carcere.
Con del Bosch fu l'unico a pagare il salatissimo conto. Non chiese mai sconti o pietà e una volta libero si limitò a frequentare qualche manifestazione nostalgica (era tra i pochi presenti alla traslazione della salma di Franco nel 2019) ma non perse il gusto del beau geste.
L'ultima provocazione nel 2023 quando denunciò il premier Pedro Sanchez per aver violato la costituzione democratica. Un paradosso. Ma come lui spiegò: "Non mi piace la costituzione. Lo sapete. Mi piace ancor meno il baccalà con i pomodori, ma se me lo propongono lo mangio". Era fatto così.