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"Ho sbagliato su An ma Giorgia ha saputo ricreare la comunità"

Il mea culpa dell'ex leader: "Ora mi riconosco in questo centrodestra"

"Ho sbagliato su An ma Giorgia ha saputo ricreare la comunità"
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nostro inviato a Roma

La Capitale ha una memoria lunga. Ieri ad Atreju, trentatré anni dopo, Gianfranco Fini e Francesco Rutelli sono tornati uno di fronte all'altro. Non un semplice dibattito ma un varco che ripropone una stagione politica che ha segnato Roma e il Paese. A moderare, la firma de il Giornale Hoara Borselli. Nel 1993, con la testa non ancora fuori da Tangentopoli, Roma fu il laboratorio della Seconda Repubblica: al ballottaggio si affrontarono due Italie opposte. Da un lato l'aplomb post missino di Fini che cercava legittimazione, dall'altro la romanità vivace e mobilitatrice di Rutelli, volto verde e progressista di una sinistra che iniziava ad assaporare l'aria di Ulivo. In mezzo, la prima incursione politica di Silvio Berlusconi: "Se fossi un romano, voterei per Fini". Non bastò: vinse Rutelli. Ma il Msi entrò nell'agone con tutti i crismi dell'ufficialità. Per l'ex leader di An, però, il "momento Atreju" più carico di conseguenze resta il 2008. L'ultima volta prima di ieri. Quando dal palco della kermesse rivendicò l'adesione ai valori dell'antifascismo. Una scelta che spiazzò una parte di Ag, movimento giovanile di An, e un pezzetto di partito. Convinti, com'erano, che gli antifascisti incarnassero un'idea di violenza incompatibile con l'identità politica di destra. Fu l'ultima volta di Fini ad Atreju e il preludio allo strappo politico successivo. Nel 2010, per via della virata progressista, venne fischiato in contumacia. Oggi è preistoria ma Fini torna ad Atreju dopo questo e altri strascichi. Su tutti, quelli che sono passati dalla fondazione di Fli e dalle posizioni assunte su immigrazione e bioetica da presidente della Camera e da leader di partito. Fasi ben più sanguinose di quella dell'adesione all'antifascismo. "Ritorno a casa", lo ha definito l'ex principe della destra italiana, con la voce che lasciava trapelare un'emozione sincera. "Io ho fatto un errore: quello di sciogliere An, un movimento fondato su un senso di comunità. Il merito di FdI e di Giorgia Meloni è proprio quello di aver ricostruito questa comunità, perché se si rimane fuori dal proprio perimetro si rischia di diventare apolidi". Poi l'ammissione: "Mi riconosco in questa comunità, l'ho votata, anche se non condivido tutto, come si fa da uomini liberi". E ancora un passaggio sul naufragato esperimento di partito unico del centrodestra: "Il Pdl doveva essere una grande formazione plurale, ma a un certo punto quella pluralità non c'era. Chi dissentiva veniva guardato con sospetto". Oggi, con la destra di governo, sono ferite chiuse. E se ne può parlare. Ma chi ha vissuto la diaspora dei finiani dalla destra, l'ha subita come un abbandono paterno. Il "salto nel vuoto" della Meloni, ossia la creazione di Fdi, ha rimesso la comunità di Atreju in partita. E poi, la partita, l'ha addirittura vinta.

E Arianna Meloni ha applaudito. "È stato emozionante - ha detto - rivedere insieme sul palco di Atreju Gianfranco Fini e Francesco Rutelli, rievocando un confronto che ha segnato la nostra storia".

Rutelli ha riconosciuto meriti alla premier e non ha nascosto la sua distanza dal centrosinistra attuale: "Debbono convincermi a votare per questo campo largo". E sul finale ha regalato uno scambio di ironie con Fini.

"La prossima volta il sindaco lo faccio io", ha scherzato l'ex leader di An. Replica immediata di Rutelli: "Sì ma io faccio il capo dell'opposizione e mi metto la maglietta con scritto che Fini non è il mio sindaco". Atreju è anche questo.

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