Si sono accapigliati sin dall'inizio. L'uno contro l'altro. E pure contro se stessi. Dieci mesi di dichiarazioni, smentite, retromarcia, zuffe. E loro, quegli uomini di scienza che si sono trovati faccia a faccia con il virus, sono diventati "prime donne" corteggiate dai media, seguiti da decine di migliaia di follower sui social e onnipresenti su radio, televisioni e quotidiani fino via via a polarizzarsi in uno scontro che troppo sbrigativamente è stato descritto tra "catastrofisti", che spingono per misure liberticide, e "negazionisti" che invece chiedono una narrazione diversa della pandemia e misure più adeguate a quanto sta realmente accadendo. Sul web stanno avendo la meglio i primi. Tanto che, come rilevato da Spin Factor, che per ilGiornale.it ha realizzato in esclusiva un'analisi sul sentiment degli italiani, nella wordcloud delle 50 parole più ricorrenti nelle conversazioni sul coronavirus accanto a Covid spicca paura.
Lo scontro costante tra scienziati
"La scienza ha bisogno di un confronto sereno e di ricercatori che hanno la modestia di poter cambiare opinione - spiegava tempo fa al Giornale.it Maria Rita Gismondo, direttrice responsabile di Microbiologia Clinica Virologia e Diagnostica dell'ospedale Luigi Sacco di Milano - chi ha usato la scena con insulti si è, di fatto, autoescluso dal dialogo scientifico". Il punto è che da quando in Italia è esplosa l'epidemia non abbiamo mai assistito a un "confronto sereno". Si è subito saliti sul ring. C'è un'intervista da cui partire e l'ha rilasciata Andrea Crisanti il 24 febbraio. Come ripercorso ne Il libro nero del coronavirus (clicca qui), che all'argomento dedica un capitolo sui "cattivi maestri", è da poco atterrato a Melbourne per partecipare a un congresso, ma di lì a poco tornerà al laboratorio dell’ospedale di Padova, centro di riferimento regionale per i test di individuazione del coronavirus. "Questo coronavirus è altamente infettivo – spiega – una sola persona ne contagia almeno altre quattro, forse pure cinque. Per altri virus è inferiore: uno, al massimo due". Rilette oggi queste dichiarazioni non fanno né caldo né freddo. Suonano come ovvietà. Ma in quei giorni, quando cioè il virus ha appena iniziato a colpire il Nord Italia mettendo in ginocchio il Lodigiano e la provincia di Padova, in ambienti accademici il mood è minimizzare il più possibile.
Una popolazione senza consapevolezza
"Nel corso di questi mesi abbiamo assistito ad una fortissima presenza mediatica da parte di virologi, esperti, responsabili di grandi strutture ospedaliere, che spesso hanno espresso opinioni contrastanti", spiega al Giornale.it Tiberio Brunetti, fondatore e amministratore di Spin Factor. "Questo - continua - non ha aiutato, soprattutto nella fase precedente la prima fase, a generare nella popolazione una consapevolezza esatta di quanto stava per accadere". Il paradosso tocca il suo apice nella scelta del governo di non inserire nemmeno un virologo nella folta schiera di tecnici che gli siedono accanto al premier Giuseppe Conte a gestire l'emergenza sanitaria. Anziché vederli in giro per le tivù, forse sarebbe stato meglio arruolarli nella task force del governo. E forse sarebbe stato anche meglio definire "virologo" chi virologo non è. "Voi giornalisti avete definito virologi tutti gli esperti intervistati, anche professionisti che nulla hanno a che vedere con la virologia", spiega Giorgio Palù, professore emerito dell'Università di Padova. "Questa non è stata una corretta informazione per la popolazione che incolpa proprio questi virologi di idee contraddittorie e di battibecchi sui media che confondono e disorientano".
La confusione alleato del virus
Purtroppo il risultato di questi continui scontri tra uomini di scienza ha contribuito a sollevare un una polverone mediatico ingenerando tra gli italiani una forte confusione. E "la confusione - ci spiega Brunetti - è il principale alleato del virus". Per capire meglio l'impatto dei "virologi" sull'opinione pubblica, Spin Factor ha scandagliato i social network analizzando post e commenti. Sono state messe sotto la lente di ingrandimento oltre 400mila occorrenze dalle quali sono state estrapolate le opinioni in forma di sentiment positivo, neutro e negativo ed è stata stilata una sorta di classifica dei volti che impattano maggiormente sui social. Sul podio troviamo Andrea Crisanti col 38,1% di sentiment positivo, Pier Luigi Lopalco (36,5%) e Silvio Brusaferro (33,2%). In coda Fabrizio Pregliasco (27,8%), Roberto Burioni (27,3%) e Matteo Bassetti (24,8%). Ma attenzione a leggere queste percentuali. Perché, come spiega Brunetti, "non si tratta ovviamente di una classifica sull'affidabilità dei vari esperti, ma su quale percezione generano sugli utenti della rete". Chi crea maggiore ingaggio e quindi polarizza di più, è anche "chi genera più preoccupazione". Non a caso accanto a Covid, nella wordcloud delle 50 parole più riccorrenti, troviamo termini come paura, tamponi, casi, morti, emergenza, ospedali, decessi e così via.
Un campanello d'allarme per Conte
"A maggio in poi, dopo una prima fase in cui le persone erano polarizzate sull'emergenza sanitaria, le persone si sono concentrate sull'emergenza economica", spiega Brunetti illustrando l'analisi condotta da Spin Factor. Con l'avvento della seconda ondata, gli italiani hanno ripreso a preoccuparsi per l'emergenza sanitaria. A breve, però, torneranno a guardare con preoccupazione alla crisi economica che sta divorando il sistema Italia. "E quello sarà il vero campanello d'allarme per la tenuta del Paese". Quanto rilevato sui virologi, si rflette anche sulla popolarità di Conte. Durante la fase 1, quando usava dichiarazioni molto più nette, il presidente del Consiglio aveva sfondato la soglia del 40%.
Ora che la situazione è molto più complessa, con l'Italia colorata di rosso, arancione e giallo, il sentiment positivo nei suoi confronti è crollato. Un altro campanello d'allarme che dovrebbe mettere in guardia Palazzo Chigi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.