I "buchi" di Conte sui verbali. Ora il premier trema davvero

Qualcosa non torna nella versione del premier sui verbali del Cts che invitavano il governo a istituire le zone rosse. Ecco tutti i punti oscuri

I "buchi" di Conte sui verbali. Ora il premier trema davvero

La mancata istituzione della cosiddetta "zona rossa" di Alzano Lombardo e Nembro, in provincia di Bergamo, inguaia Giuseppe Conte e l’intero governo giallorosso.

La desecretazione dei verbali de Comitato tecnico scientifico sulla gestione dell’emergenza sanitaria in Italia ha portato alla luce i ritardi dell’esecutivo, che non ha accolto il consiglio degli esperti di chiudere le aree – specialmente le due realtà del bergamasco – duramente colpite dalla pandemia di coronavirus. Nonostante il parere del Cts sull’istituzione delle zone rosse – "Il Comitato propone di adottare le opportune misure restrittive già adottate nei comuni della zona rossa anche in questi due comuni, al fine di limitare la diffusione dell’infezione nelle aree contigue" – il governo si è mosso solo dopo diversi giorni, perdendo tempo prezioso. Perché?

Ma questo non è l’unico punto oscuro della vicenda. Il presidente del Consiglio, infatti, ha sostenuto davanti ai magistrati della Procura di Bergamo – che sta indagando per accertare se le istituzioni siano state negligenti – di non aver mai visto quel verbale del Cts, datato 3 marzo, che consigliava di blindare Alzano Lombardo e Nembro. Possibile? Nonostante le carte siano state trasmesse a Palazzo Chigi, il suo inquilino non le avrebbe mai trovate sulla propria scrivania.

Come scritto da Stefano Zurlo su ilGiornale è palese che qualcosa non torni, visto che in occasione di un’intervista al Fatto Quotidiano in data 2 aprile il premier disse di conoscere quella documentazione: "La sera del 3 marzo il Comitato tecnico scientifico propone per la prima volta la possibilità di una nuova zona rossa per i comuni di Alzano Lombardo e Nembro. Ormai vi erano chiari segnali di un contagio diffuso in vari altri comuni lombardi, anche a Bergamo, a Cremona, a Brescia". Insomma, delle due l’una.

Quindi, nella tarda serata di ieri, in occasione della conferenza stampa di presentazione del Dl Agosto, Giuseppe Conte ha cambiato versione, dichiarando di essere venuto a conoscenza del verbale del Cts (datato 3 marzo) solamente dopo quarantotto ore, il 5. "Il governo si è assunto sempre la responsabilità politica delle proprie decisioni, nel segno della discrezionalità politica e non ritenendo mai di dover delegare ad altri, in particolare agli scienziati, la responsabilità delle decisioni. Per quanto riguarda il verbale del 3 marzo, nel sono venuto a conoscenza il 5. Non riferisco quel che ho detto ai pm perché ho il vincolo del segreto istruttorio", la puntualizzazione del sedicente avvocato del popolo.

Ricordiamo come solamente nella notte dell’8 marzo il governo sigilla la Lombardia e il Nord, mentre la serrata del Paese arriva il 9 marzo. Il cinque marzo, dunque, sarebbe la data chiave. Conte racconta che il verbale perviene al segretario generale della presidenza di Palazzo Chigi e che a margine del Cdm il governo valuta soluzioni ad hoc per la provincia di Bergamo, convinto che i focolai fossero solamente in quella zona.

"Poi abbiamo scoperto che il virus si stava diffondendo altrove.

C’era una situazione epidemiologica ormai diffusa nei comuni della Lombardia e delle province confinanti", ha spiegato ancora il premier, che dunque motiva così l’operato del governo: "Avevamo predisposto per la zona rossa ma avevamo un dubbio: in una situazione ormai compromessa, che senso ha introdurre una cintura rossa solo per Alzano e Nembro? In poche ore ci confrontiamo con ministri competenti, con presidenti delle Regioni, enti locali e firmo il nuovo Dpcm: zona rossa per tutta la Lombardia, quindi una misura più radicale". Resta però il mistero - con la "m" maiuscola di quelle 48 ore in cui la relazione del Cts è rimasta a prendere la polvere.

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