Guerra in Israele

Ma i "giustificazionisti" non mollano. Da Moni Ovadia a Zaki, ecco chi spacca l'Italia

L'attore accusa Israele. Fdi: "Si dimetta dal teatro di Bologna". L'attivista fa litigare il Salone del Libro

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Ma i "giustificazionisti" non mollano. Da Moni Ovadia a Zaki, ecco chi spacca l'Italia

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C'è chi riesce a chiudere gli occhi anche dinanzi all'evidenza di un eccidio. Patrick Zaki (foto) e Moni Ovadia (foto) insistono nel sostenere un assunto: la colpa dell'attacco dei terroristi di Hamas è attribuibile a Israele. Lo ha detto al Tg1 Zaki due sere fa: «La situazione che stiamo vivendo è conseguenza delle politiche dell'attuale governo israeliano, non è sorprendente». Lo ha affermato anche Ovadia: «Israele lascia marcire le cose...questi sono i risultati». Insomma, per questi personaggi, il nemico dei palestinesi non è Hamas, bensì lo Stato ebraico. Il tutto in un quadro in cui la stessa organizzazione fondamentalista ha ammesso di prepararsi da anni all'offensiva. Due reazioni, simili per intensità, sono arrivate subito: è saltato, almeno in prima istanza, l'incontro con Zaki alla rassegna precedente al Salone del Libro di Torino; Fdi ha domandato le dimissioni di Ovadia dal Teatro comunale di Ferrara. «Le condizione sono cambiate - ha fatto sapere il Sermig, il Servizio missionario dei giovani, dove il ricercatore universitario, liberato dal governo italiano lo scorso luglio, avrebbe dovuto presentare la sua autobiografia - , non è opportuno alimentare polemiche e strumentalizzazioni». E quindi è stato «annullato l'incontro in programma per il prossimo 17 ottobre con Patrick Zaki nell'ambito di Aspettando il Salone». A criticare in prima battuta la presenza di Zaki era stata la senatrice di Fdi Paola Ambrogio. «Pensare che Patrick Zaki, dopo le parole intollerabili pronunciate su Israele, possa prendere parte a una serata collaterale del Salone del Libro di Torino lascia sinceramente sgomenti», aveva osservato. Il senatore di Fi Maurizio Gasparri non si è nascosto: «Zaki parla come Hamas. È giusto non invitare Zaki a parlare di diritti che difende quando riguardano se stesso, ma offende quando riguardano il popolo di Israele». Quello del Sermig è già il secondo episodio dopo la marcia indietro di «Che Tempo che Fa» e di Fabio Fazio. Pd e compagni, che dopo il rifiuto del volo di Stato avevano fatto di Zaki un paladino anti-Meloni, possono prenderne atto. Ma c'è stato comunque un colpo di scena. Dopo le lamentazioni della sinistra, specie da parte Luana Zanella, presidente di Verdi-Sinistra, è stata trovata un'altra location, ossia l'Hiroshima Mon Amour, sempre a Torino, sempre durante la kermesse del Salone del Libro. E di Zaki si è continuato a parlare per tutta la giornata di ieri. Lo striscione raffigurante l'ex detenuto in Egitto, per dire, è stato rimosso dall'atrio dell'Assemblea legislativa dell'Emilia-Romagna. La Lega ha domandato se l'immagine ora provocasse qualche disagio ideologico ai dem. «Quella foto è diventata imbarazzante», ha detto il consigliere regionale del Carroccio Stefano Bargi. Il tutto «dopo le dichiarazioni di Zaki» che ha definito Netanyhau come un «killer seriale». Il Consiglio regionale ha tuttavia replicato, sostenendo che la rimozione dello striscione fosse programmata da tempo.

Per le frasi di Moni Ovadia, direttore generale del Comunale di Ferrara, ha reagito invece il senatore Adalberto Balboni, Fdi: «Le sue parole sono un insulto alle vittime provocate dai terroristi di Hamas contro inermi cittadini israeliani e anche di altre nazionalità che vivevano pacificamente nelle loro case. È Hamas a essere il principale nemico del popolo palestinese, non Israele», ha affermato il parlamentare meloniano.

Balboni ha poi chiesto che Ovadia abbandonasse il suo incarico nella città dell'Ariosto.

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