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I proprietari della festa e i "ponti" degli italiani

C'è chi pensa al fascismo, chi ai ponti. Non tanto quello sullo Stretto, ma quelli in sequenza machiavellica di un indimenticabile aprile, almeno per i microviaggiatori

I proprietari della festa e i "ponti" degli italiani

C'è chi pensa al fascismo, chi ai ponti. Non tanto quello sullo Stretto, ma quelli in sequenza machiavellica di un indimenticabile aprile, almeno per i microviaggiatori. Sono in ben 17 milioni in questi giorni, beati loro e beato, finalmente, il nostro turismo. Poi ci sono quegli italiani che si occupano delle cosiddette narrazioni pubbliche e l'ultimo esercizio di semantica politica, con vista sul 25 aprile, è sulla parola antifascismo. C'è o non c'è, e perché sì e perché no, nella nostra Costituzione?

Io credo che il navigato Ignazio, piuttosto membro dell'establishment che un pericoloso intellettuale eversivo vista la sua storia, stia facendo un suo percorso a tappe. Un revisionismo alla La Russa fatto di provocazioni per smontare ogni volta una cristallizzazione storica. Intanto Giorgia Meloni che oggi guida la destra al governo cerca piuttosto una legittimazione culturale complessiva. Per questo il suo atteggiamento sempre molto cauto, anche in campo internazionale, e l'invito ai suoi ministri di non sbracare in una Festa della liberazione che per lei è un po' come una cruna dell'ago. Non in senso politico stretto, dove è fortissima visti i numeri del suo partito e del suo gradimento personale, ma in senso di credibilità istituzionale simbolica.

Se il problema è meramente linguistico, allora ha ragione Fini che in una delle camere della sinistra in tv, la Annunziata, ha detto: ma che problema c'è a nominare l'antifascismo? Lui a Fiuggi nel 1995 fece nascere dalle ceneri dell'Msi Alleanza nazionale, un partito che voleva dire revisione ideologica del fascismo per abbracciare una politica di destra classica all'Occidentale. Sono passati 28 anni e l'ultimo erede, FdI, ha stravinto le politiche. Dunque? Perché litigare ogni 25 aprile che si comandi, prima, durante e dopo?

Non sarà che quella Festa sia finita già dal primo dopoguerra nella «proprietà» di una fetta ideologica dell'Italia e non di tutta l'Italia? Detto altrimenti, una Festa dei professionisti dell'antifascismo in un paese che però, come dicono centinaia di sondaggi di tutte le scuole e come dicono le urne, non teme il ritorno di quella stagione. Un paese che teme piuttosto gli effetti della pandemia e della guerra, il caro energia e il caro mutui. Teme di più un futuro incerto che il passato.

Il passato lo si legga semmai con correttezza e senza rimozioni, ma che sia questo un patrimonio di ogni cittadino, senza patenti rosse o partigiane.

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