Con le loro fotografie sono stati i primi testimoni dell'orrore, che hanno mostrato al mondo la barbarie compiuta da Hamas il 7 ottobre. Ma ora aleggia un sospetto su 6 fotoreporter della Striscia di Gaza, le cui immagini sono state acquistate e rilanciate nel mondo da colossi dell'informazione come Associated Press (Ap) e Reuters, Cnn e New York Times: sono davvero fotogiornalisti in prima linea o sono invece fiancheggiatori di Hamas, che sapevano in anticipo della strage?
Hassan Eslaiah è l'autore dello scatto in cui si vedono i palestinesi festeggiare su un carro armato preso d'assalto e dato alle fiamme dai terroristi, dopo l'irruzione di Hamas in Israele attraverso la frontiera con la Striscia di Gaza. Yousef Masoud ha mostrato al mondo altre immagini di quella scena, circostanza in cui i soldati israeliani sono stati rapiti. Mohammed Fayq Abu Mostafa e Yasser Qudih hanno catturato anche la scena della folla che brutalizzava il corpo di un militare israeliano trascinato fuori dal carro armato. Non è tutto. Ali Mahmud è l'artefice della foto-shock del pick up che porta via, seminuda e con le gambe spezzate, Shani Louk, la 22enne tedesco-israeliana rapita al rave nel deserto e poi morta per le ferite. Hatem Ali ha immortalato anche lui donne e anziani mentre venivano sequestrati nel kibbutz di Kfar Aza. Scatti di un giorno che ha segnato la Storia.
A chiedersi per primo come facessero a essere sul posto con una tempistica sospetta e se siano stati complici della strategia del terrore di Hamas, è stata per prima l'organizzazione non governativa israeliana HonestReporting. È bastato sollevare la questione per scoprire che almeno uno dei fotoreporter, Hassan Eslaiah, ha qualche altro scheletro nell'armadio. Oltre a un video da lui stesso postato e poi rimosso da X, in cui senza elmetto e giubbotto Press Hassan si mostra davanti al tank in fiamme, c'è un altro filmato, realizzato sempre il giorno della strage, in cui lo si vede sul retro di una moto che con una mano riprende gli orrori e con l'altra tiene in mano una granata. Ma a moltiplicare i sospetti è soprattutto una foto, pare di qualche anno fa, che lo ritrae sorridente mentre il grande leader di Hamas, Yahya Sinwar, mente del massacro, lo bacia su una guancia.
Tanto è bastato per scatenare la reazione dell'esecutivo israeliano, che ha denunciato la «gravità» del fenomeno dei giornalisti che coprono Hamas e ha inviato, tramite ufficio stampa, un'urgente richiesta di spiegazioni alle testate coinvolte sulle «inquietanti rivelazioni». Il leader centrista Benny Gantz, oggi nel governo israeliano di emergenza, ha commentato lapidario: «Giornalisti che sapevano del massacro e hanno comunque scelto di rimanere passivi mentre bambini venivano massacrati, non sono differenti dai terroristi e dovrebbero essere trattati come tali». Il capo dell'opposizione, Yair Lapid, ha rilanciato la domanda: erano a conoscenza delle intenzioni di Hamas? Danny Danon, ex ambasciatore Onu e deputato del Likud, il partito del premier Netanyahu, chiede addirittura che vengano uccisi.
Immediata la replica di Reuters e Ap. Entrambe hanno negato che propri giornalisti fossero «embedded» al seguito di Hamas e hanno spiegato di aver acquistato foto da freelance. Ap ha aggiunto che «le prime immagini sono state prese oltre un'ora dopo l'inizio dell'attacco». E ha precisato che il suo ruolo «è raccogliere informazioni sugli eventi dell'ultima ora, ovunque accadano, anche quando sono orribili e causano vittime di massa».
Il Nyt ha difeso Yousef Masoud e avvertito dei rischi di accuse non supportate. La Cnn ha deciso di sospendere i legami con Eslaiah, pur non avendo trovato «alcun motivo per dubitare dell'accuratezza giornalistica del lavoro svolto per noi».
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