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Ira dei presidi contro Azzolina: "Così le scuole non riaprono"

Mentre il ministro Lucia Azzolina è finita nel mirino dell’opposizione per il reperimento dei banchi singoli, i presidi sono alle prese con la difficoltà di far rispettare il distanziamento sociale

Ira dei presidi contro Azzolina: "Così le scuole non riaprono"

I presidi sono sul piede di guerra. Quando mancano meno di due mesi alla riapertura, il mondo della scuola è nel caos. Se il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina è finita nel mirino dell’opposizione per il reperimento dei banchi singoli, i dirigenti scolastici sono alle prese con la difficoltà oggettiva di far rispettare il distanziamento sociale.

Per evitare gli assembramenti è necessario ridurre il numero di alunni per classi e, di conseguenza, servono più aule. Aule, che come spiegano alcuni presidi in due missive di cui ilGiornale.it è venuto in possesso in esclusiva, non si trovano e perciò la riapertura, al momento, appare compromessa. “Non è il momento delle furbizie, delle approssimazioni, delle facilonerie, delle interpretazioni di comodo o degli slogan. È il momento della responsabilità che fa i conti con la realtà. È infatti in gioco né più né meno che il futuro dei nostri figli, cioè la loro formazione umana e culturale e la loro salute”, scrive il professor Stefano Gemmi, dirigente scolastico dell’Istituto Statale di Istruzione Superiore tecnica e liceale in una lettera rivolta ai genitori degli studenti e che è arrivato sino a Montecitorio. Il “Galilei” soffre di una grave carenza di spazi tanto che è già stata predisposta la costruzione di un nuovo edificio che, però, sarà pronto solo nel 2026. Al momento, dunque, Gemmi non può garantire alle famiglie la riapertura in sicurezza: “Le aule del «Galilei», nella sede e nella succursale, non possono ragionevolmente contenere, nella maggior parte dei casi, più di 21 persone, in uno spazio di circa 45 metri quadri, per poter rispettare i criteri di distanziamento sociale, cioè la distanza di un metro tra le bocche degli studenti e la distanza di due metri tra la prima fila di banchi e la cattedra dell’insegnante”, scrive il preside spiegando dettagliatamente l’impossibilità di rispettare le norme anti-Covid previste dalle linee guida del Ministero e dal Comitato tecnico-scientifico.

Per sopperire a tale carenza di spazi e per “mantenere le classi il più possibile unite, senza funambolismi o artificiose ingegnerie didattiche” il preside Gemmi propone di sfruttare tutti gli spazi disponibili quali, per esempio, “la grande aula multimediale, utilizzata anche per le riunioni dei docenti, ma soprattutto per conferenze, laboratori didattici, incontri, messe in spazio teatrali e quant’altro: anche quella è diventata un’aula ordinaria, per una classe particolarmente numerosa”. Le classi che eccedono la quota massima di 21 studenti “dovranno integrare didattica in presenza e didattica a distanza, pur con turnazioni molto ragionevoli, dai venti ai dieci giorni, a seconda dei casi”. Come? “Gli alunni oltre i 21 – esclusi, per ovvi motivi, gli studenti con certificazione di sostegno - seguiranno le lezioni e le attività da casa, a turno, con il loro proprio device”, spiega il direttore scolastico dell’Istituto fiorentino secondo cui la didattica a distanza si è dimostrata essere una risorsa preziosa, soprattutto durante il periodo di lockdown. “Nulla vieta che i provvedimenti che si rendono necessari oggi possano o debbano essere revocati, cambiati, integrati, migliorati domani, al variare delle circostanze e alla prova dei fatti”, conclude il preside del “Galilei”.

Il ministro Azzolina, in mattinata, nonostante dai presidi sia arrivata la richiesta di 2,5 milioni di banchi singoli, ha rassicurato tutti con un tweet:"Con l'ok allo scostamento di bilancio approvato in Cdm, investiamo altri 1,3 miliardi di euro sulla scuola, arrivando a 2,9 miliardi solo per la ripartenza a settembre. I tagli sono un ricordo del passato. #CantiereScuola".

Rassicurazioni che da sole non bastano. Il tempo stringe e, anche qualora arrivassero i “banchi monouso”, mancherebbero le aule dove posizionarli. “Le scuole hanno una normativa anti-incendio ben precisa e, quindi, sebbene tutti rispondano in modo solidale e positivo, è difficile riaprire le aule. Io ho bisogno di sei classi che siano tutte nella stessa struttura”, ci spiega per telefono Daniela Gennaro, dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo Claudio Abbado che si trova nella difficile situazione di non poter riaprire la scuola secondaria di primo grado Giovanni XXIII. “Si tratta di un villino privato degli anni ’20 che è stato donato al Comune di Roma perché venisse usato come scuola”, spiega la Gennaro che sottolinea: “È una struttura piccola molto ambita dalle famiglie e proprio per questo motivo abbiamo una lista d’attesa”. La preside romana, che si è vista costretta a scrivere alla Commissione Cultura della Camera per cercare di risolvere il problema del distanziamento sociale, ha descritto il Giovanni XXIII come “una perla che in settembre NON potrà riaprire, neanche in previsione – speriamo- di ulteriori misure migliorative da parte del CTS il prossimo 20 agosto”. “Non esistono soluzioni organizzative in grado di assicurare il tempo scuola in presenza di tutti gli alunni, come ci viene raccomandato, e i classici doppi turni richiederebbero un raddoppiamento dell’organico che non otterrò”, scrive ancora la dirigente scolastica mentre cerca di difendere questa “piccola scuola di quartiere, che accoglie quattro sezioni complete per un totale di 211 alunni, 35 insegnanti e 3 collaboratori”. “Al momento posso ospitare solo la metà degli studenti, ossia un centinaio”, aggiunge la Gennaro che, dopo essersi rivolta a tutte le realtà vicine (parrocchie o enti privati), chiede un aiuto ulteriore.

“Credo che soltanto il Dipartimento al Patrimonio del Comune di Roma potrebbe darci una mano - per noi un interlocutore irraggiungibile - oppure mi rimetto a qualsiasi indicazione mi vorrete dare”, conclude nella missiva la preside visibilmente preoccupata per il futuro dei suoi studenti.

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