
da Londra
«Il Regno Unito rischia di diventare un'isola di stranieri se non mettiamo un freno all'immigrazione». Nigel Farage? No, parola di Keir Starmer. Con una frase che non stonerebbe in bocca al leader di Riform UK, il premier laburista britannico ha illustrato ieri il pacchetto di proposte per ridurre il livello migratorio entro la fine del suo mandato, ossia il 2029. Nella conferenza stampa tenuta a Downing Street prima della pubblicazione del documento sul sito ufficiale del governo, il capo del governo ha promesso di «riprendere il controllo dei confini», riducendo di 100mila persone all'anno, attraverso nuove misure restrittive, il numero netto di persone che entrano nel Paese. Gli ultimi dati ufficiali, riferiti ai dodici mesi seguenti al giugno 2023, descrivono un netto migratorio di 728 mila persone, già in calo in realtà, rispetto a quello raggiunto sotto il precedente governo Conservatore che aveva sfiorato le 900mila entrate. Starmer non ha voluto rischiare di venir contraddetto poi dai numeri futuri indicando un obiettivo preciso e si è limitato a spiegare che, secondo uno studio dell'Home Office, le misure in oggetto potrebbero far scendere la cifra attuale di 300mila unità nei prossimi 4 anni. «Le Nazioni dipendono dalle regole, regole giuste - ha spiegato- in alcuni casi si tratta di regole scritte, in altri no, ma in entrambi i casi danno forma ai nostri valori, ci guidano verso i nostri diritti e le nostre responsabilità, quelle che dobbiamo gli uni agli altri. Creeremo un sistema migratorio controllato, selettivo e giusto. La residenza deve diventare un privilegio che si guadagna, non un diritto».
Tra le regole indicate dal governo inglese figurano l'obbligo di passare un test di conoscenza della lingua per i lavoratori stranieri e le loro famiglie, il divieto per i servizi di assistenza e cura di reclutare personale dall'estero, l'aumento da cinque a dieci anni di obbligo di permanenza nel Paese come requisito per richiedere la cittadinanza e l'obbligo per le imprese di effettuare dei corsi di formazione destinati ai cittadini britannici. Inoltre, nel caso di assunzione di personale straniero, le imprese dovranno pagare un supplemento del 32% sulla tassa per il visto lavorativo. Cambia anche il titolo, richiesto per i lavoratori con competenze professionali specifiche che in futuro dovranno avere una laurea o un titolo equivalente. Il pacchetto di proposte non risparmia neppure le università che dovranno versare allo Stato il 6% degli introiti derivanti dall'ingresso degli studenti internazionali mentre il permesso di soggiorno per gli studenti stranieri laureati verrà ridotto a soli 18 mesi. Annunciata anche l'ipotesi di modificare, restringendola, l'interpretazione della legge sui diritti umani per ridurre il numero dei soggetti che si appellano a «circostanze eccezionali» nell'ambito del diritto di famiglia per ottenere di rimanere nel Regno Unito. Esiste poi un piano per espellere più velocemente dal Paese gli stranieri che commettono dei reati, anche se per ora non si conoscono ulteriori dettagli. E mentre Reform, al pari dei Verdi, descrive il piano come una reazione al panico suscitato dal trionfo dei populisti alle ultime amministrative, le associazioni umanitarie lo bollano come pericoloso e fuorviante e i Conservatori lo dipingono come una versione annacquata delle loro precedenti misure. Il dibattito appena iniziato si preannuncia infuocato.
E tanto per non farci mancare nulla, un incendio vero è scoppiato sempre ieri, nell'abitazione londinese del premier. Nessun danno rilevante pare, ma la polizia ha avviato un'inchiesta senza rilasciare ulteriori dettagli.